18 Marzo 2018

Dopo le elezioni politiche, difesa di Simplicio

 

di Luisa Muraro

Sono anni che la Confindustria ci spiega, cifre alla mano, perché e per come gli immigrati sono una risorsa per l’economia italiana. Ultimo in ordine di tempo, un libro ricalcato sul modello del famoso Dialogo di Galileo Galilei sui massimi sistemi, ossia il vecchio sistema tolemaico del Sole che gira intorno alla Terra e quello della rivoluzione copernicana, che ha trionfato. Il libro s’intitola Dialogo sull’immigrazione, autori Stefano Proverbio e Roberto Lancellotti (Mondadori 2018).

Il personaggio di Simplicio nel Dialogo di Galileo era un aristotelico tradizionalista. Nel dialogo di oggi rappresenta il popolo che non ha “capito” il messaggio razionale della Confindustria. Nella nuova puntata che io aggiungo qui, è il popolo che ha votato i partiti ostili all’immigrazione, detti perciò populisti. L’Italia non è un’eccezione, l’elettorato di mezza Europa e quello degli Usa vota ormai come Simplicio. Farò la difesa del Simplicio italiano.

Sono sempre stata convinta che Confindustria abbia ragione: gli immigrati sono una risorsa per la nostra economia. E so che Simplicio vota “male” votando in favore di personaggi politici che hanno fatto della demagogia la loro specialità. Tuttavia lo difendo, interpretando il suo comportamento alla luce di due questioni che mi pongo anch’io. Una s’intitola: a quali condizioni? l’altra: a beneficio di chi?

Quali sono le condizioni che si sono create con l’imprevista, massiccia e destinata a durare (dicono) ondata migratoria? Una la conosciamo bene, anche se non viene mai messa in conto. Tutti, dai responsabili politici all’ultimo disoccupato, ci troviamo presi in un dilemma, che si riassume ferocemente in queste parole: mors tua, vita mea. Siamo un paese che, arrivato a un certo benessere sociale, si dibatte ora per sfangarsi da una lunga crisi che non passa. Domanda: dobbiamo offrire il benessere da noi guadagnato anche ai nuovi arrivati? In che misura? Con quali risorse?

La cultura che ci ha portati a un certo benessere si è basata, soggettivamente parlando, sull’individualismo e sull’egoismo familiare: non siamo preparati a spartirlo con altri. La vecchia cultura che sopravvive e favorisce la coesione sociale, era basata su valori tradizionali e locali: può ispirare dei buoni sentimenti ma ispira anche diffidenze e timori. E non rappresenta certo una via d’uscita dalla strettoia. Ma via d’uscita non è neanche il calcolo economico fatto sui grandi numeri: primo, perché questo calcolo trascende l’esperienza delle persone in carne e ossa; e poi perché non ci fidiamo di chi lo fa. Non ci fidiamo, cioè, che si faccia in funzione di uno stare meglio tutti.

A beneficio di chi vanno, in effetti, i vantaggi dell’economia quando va bene? Si sa da sempre su chi ricadono gli svantaggi quando non va bene. Se invece va bene? Il ragionamento di Confindustria sulla risorsa economica che è l’immigrazione, basta a confutare luoghi comuni sbagliati del tipo “ci portano via i posti di lavoro”. Ma non dice ancora niente sul resto. Per esempio, non serve a smontare il principio della competizione economica, per cui ecco che cosa pensa il popolo dei Simplicio: oggi gli immigrati fanno i lavori scartati dagli italiani, domani però… E, ovviamente, non serve neanche a correggere la distribuzione ineguale delle ricchezze. Dopo la sconfitta del socialismo, dopo che è finito il sogno di una giustizia egualitaria, è diventato un sogno anche quella distributiva. Il principio della disuguaglianza, infatti, si è elevato al cubo facendo più ricchi i ricchi e loro soltanto.

Simplicio ragiona male dal punto di vista della razionalità capitalistica e peggio ancora dal punto di vista dei suoi propri interessi. Ma, con l’evidente irrazionalità del suo comportamento, dice qualcosa di molto condivisibile, che va esplicitato. Dice che il capitalismo ormai non ha più niente di politicamente positivo da proporre tranne che sé stesso, ed è troppo poco. Non sappiamo che cosa fare di conseguenza? Per cominciare, prendiamo coscienza di questo: è troppo poco.

(www.libreriadelledonne.it, 18/03/2018)

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