di Stefania Ragusa
Il 25 maggio se n’è andato (in punta di pipa, come ha scritto qualcuno) Fabrizio Casavola, ideatore e principale animatore del blog Mahalla, che per quasi dieci anni ha raccolto, catalogato, diffuso informazioni e notizie relative al mondo rom. Ai giornali che “contano” la notizia non è arrivata, ma la sua morte rappresenta una perdita immensa per il mondo dell’informazione e per quello dell’attivismo. Per rendervene conto, se non conoscevate Fabrizio, potete leggere l’articolo che Sergio Bontempelli ha pubblicato su Corriere delle Migrazioni poche settimane fa, dando notizia dell’“allargamento” di Mahalla all’Europa, o anche altri, apparsi in rete in queste ore.
Io questa volta, per una volta, voglio utilizzare questo spazio in modo autoriferito e assolutamente personale, per ricordare cosa è stato ed è Fabrizio per me. Spero che la redazione e i lettori non me ne vogliano.
Grazie a lui, e assieme a lui, ho potuto cominciare a capire qualcosa del mondo rom. Con lui sono stata, a Milano, al campo di via Idro, al Triboniano, in quello di via Rubattino. A parlare con le persone, a conoscere la loro quotidianità, a passare il tempo. Non sono mai state visite allo zoo. In via Idro, specialmente. Che, può sembrare sorprendente per un campo, ma aveva una sua grazia bucolica. Pieno di verde, adagiato sulla Martesana. Andarci, in certe stagioni, era un po’ come fare una gita in campagna senza lasciare Milano. Avevo cominciato a farlo anche da sola. Su via Idro Fabrizio aveva scritto un libro . E io avevo avuto l’onore di leggerlo e correggerlo in bozza.
Fabrizio mi ha messo nella condizione di capire molte cose, e quando non ci arrivavo da sola interveniva lui. Per esempio, a proposito del rapporto tra i rom e gli animali, quel loro tenere papere, pavoni, agnellini come animali da compagnia, che sarebbe stato impossibile mangiare. Io non ne avevo idea e, mentre osservavo questa fauna variopinta, facevo considerazioni su come fosse certamente più sana e nutriente la carne di animali allevati in casa, rispetto a quella del supermercato. I bambini mi guardavano attoniti, pensando, probabilmente, che fossi un po’ cannibale. Che tutti i gagi (i non rom) lo fossero. Fabrizio mi ha spiegato la mia gaffe.
Volevo scrivere sui rom. Andando in giro con lui ho realizzato che prima avrei dovuto imparare e capire molte, molte più cose.
Fabrizio era intelligente, colto, riservato, implacabilmente puntuale, terribilmente arguto. Parlava solo quando aveva qualcosa da dire e mai per riempire il silenzio. Per questa ragione poteva mettere a disagio. Ma poi ci si faceva l’abitudine. Si dava molto da fare per i suoi amici rom. Aveva contatti in tutta l’Europa e anche altrove. Faceva divertire i bambini con estemporanee sculture di carta. Ha fatto divertire anche la mia.
Non sottolineava mai l’importanza delle cose che faceva, l’ampiezza di quelle che sapeva. Era un cane sciolto, indifferente a ogni forma di lusinga. E anche alla logica di compromesso che spesso regola le dinamiche dei partiti e delle associazioni. D’altra parte lui non era dentro ad alcuna organizzazione. Aveva scelto di non appartenere. Non gli interessava comandare. E, come osservava Rousseau, è assai difficile obbligare all’obbedienza chi non ama comandare.
Al suo funerale, aveva scritto, avrebbe voluto che venisse suonata la sigla italiana di Stanlio e Ollio.
Ma è successo tutto così in fretta che probabilmente non è stato possibile organizzare. Però è stata suonata Bella Ciao e poco prima Djiana Pavlovic ha intonato un canto rom. C’erano molte persone. C’era Paul Polansky che non se l’è sentita di parlare. C’erano rom e gagi, mescolati e indistinguibili. È stato un bel funerale. Lui lo avrebbe fotografato dall’inizio alla fine. E poi, a stretto giro, lo avrebbe caricato su FB e fatto i tag agli amici.
Non so quali fossero le sue convinzioni religiose. Ma conosco le mie, e ho la presunzione di ritenerle fondate. Per questo penso che ci rivedremo in un bel posto, in buona compagnia. Arrivederci Fabrizio.