di Alessandra Pigliaru
Saggi. «Le utopie possibili» di Riccardo Verrocchi: le storie delle madri argentine di Plaza de Mayo in un libro di Sensibili alle foglie
«L’unica lotta persa è quella che si abbandona». Sono ormai trentasette anni che le Madres di Plaza de Mayo esplicitano in questo modo la grandezza creativa del loro agire politico. La vicenda delle donne argentine che dagli anni ‘70 a oggi raccontano al mondo la propria idea di lotta pacifica, è protagonista del libro Le utopie sono possibili (Sensibili alle foglie, pp. 223, euro 16). Scritto da Riccardo Verrocchi, ha un carattere storico-politico piuttosto interessante. Come ricorda infatti Letizia Bianchi nella puntuale prefazione al volume, a essere scandagliata è la collocazione di un’esperienza politica lungo tutto l’arco della Storia che le ha riguardate. È innegabile che la misura di queste donne sia di straordinario fascino; forse è per la richiesta costante di giustizia sociale per tutte e tutti, e anche perché hanno saputo lavorare e trasformare il senso della perdita partendo da se stesse. Tuttavia, nonostante il costante rilancio, in Italia non sono stati pubblicati così tanti libri sull’argomento; e neppure gli scritti delle stesse Madres hanno conosciuto sorte migliore nelle traduzioni fino ad ora pervenuteci. C’è stata però una salda attenzione, quella che si adopera quando il riconoscimento e la gratitudine si fanno spazio per illuminare pratiche preziose. Ricordo il recente contributo di Ludmila Bazzoni, La vida venciendo a la muerte (L’Iguana, recensito su questo giornale il 2/9/2013) ma anche Le pazze (Bompiani, 2005) di Daniela Padoan e il volume curato dall’associazione Kabawil – di cui anche Riccardo Verrocchi fa parte – Storia delle Madres de Plaza de Mayo (Buendia, 2013).
Suddiviso in tre parti principali, Le utopie sono possibili è corredato da documenti e interviste inedite ad alcune Madri. Nel primo capitolo viene analizzata la storia dell’Argentina da Videla ai coniugi Kirchner. Un quadro ben articolato degli accadimenti: il colpo di stato del 1976 e il processo di riorganizzazione nazionale; il percorso democratico avviato nel 1983, il crack finanziario del 2001 e infine l’elezione presidenziale prima di Nestor Kirchner nel 2003 — che segna la chiusura del decennio di Menem – e poi, nel 2007, quella di Cristina Fernández de Kirchner. Al dispositivo della repressione di Videla è invece dedicato il secondo capitolo. La complicità internazionale così come la cancellazione di un’intera generazione di giovani argentine e argentini, puntella di dolorosa urgenza l’avvio dell’opera delle Madres. Verrocchi consegna un utile saggio che risistema dunque la narrazione delle Madres alla luce della trasformazione, di se stesse e del tessuto sociale che attraversano. Interessante è anche il terzo capitolo, ovvero l’analisi di quella che l’autore chiama «memoria fertile» e che passa dal posizionamento delle Madri ai progetti culturali e sociali come l’Università popolare, la missione Sueños Compartidos e la formazione dell’Espacio cultural nuestros hijos. La coniugazione di lotta, resistenza e memoria è ciò che ne contraddistingue l’attività anche oggi. I laboratori, così come i libri e le marce della resistenza insieme a tutte le iniziative organizzate in questi anni, interrogano la qualità politico-creativa incessante di queste donne, che entrano nella storia e la mutano.
L’appendice raccoglie diverse testimonianze. Si può leggere una bella intervista a Eva Beba Aztarbe de Petrini, un’altra a Giuseppa Fiore, detta Giuseppina, di origini italiane, e la terza a Inés Vásquez, rectora dell’Universidad Popolar. Ma è nel discorso di Hebe de Bonafini, pronunciato in Plaza de Mayo il 30 aprile 2012 in occasione del 35° anniversario dell’associazione, che si sostanzia il senso di una resistenza politica generosa e libera: «Ci sono cose molto forti: il ferro, il bronzo, il marmo. Ma mi sembra che più forte del cuore delle Madres non ci sia niente (…) Noi non abbiamo fondato niente. Noi Madres abbiamo creato e abbiamo partorito. Abbiamo creato questa forma di lotta e di scontro senza volerlo e senza saperlo (…) Sentiamo la necessità di mettere il nostro corpo e di mettere quanto di meglio abbiamo perché un giorno, quando si parlerà di noi, si dica che noi Madres abbiamo partorito in continuazione, non soltanto figli meravigliosi, abbiamo partorito felicità, giustizia, amore, comprensione, solidarietà».
(il manifesto, 2 luglio 2014)