di Luisa Muraro
Da una giovane pop star ormai famosa, Lady Gaga, e destinata a raggiungere Madonna, anche lei di origine italiana e di formazione cattolica, strana coincidenza, io ho ascoltato il detto più luminoso e breve di ciò che ha significato il femminismo nella mia vita e non soltanto nella mia. Quel suo detto lo interpreto, anzi, come un lampo di luce sul significato del femminismo della differenza.
La pop star – donna o uomo ma capace di giocare con la sua differenza sessuale – è un’artista che si inventa un personaggio per un pubblico il più vasto possibile. La sua arte, pur radicata nella società dello spettacolo, brilla nell’atto in cui vince i conformismi di quella società e così offre un specchio libero e ultrasfaccettato all’immaginario di un pubblico che possono essere milioni di persone, diverse l’una dall’altra. Nel dicembre 2009 Lady Gaga ha recitato al cospetto della regina d’Inghilterra vestita e truccata che sembrava una principessa da cartoni animati: l’ombra pop di Lady Diana… Con i mezzi della sua arte, che in pratica sono il successo, più una somma di abilità come cantare, danzare, recitare, più una buona dose di inventiva, la pop star porta la cultura popolare diffusa a esprimere sé stessa per qualcosa che non si sapeva o che si sapeva confusamente.
Parlando della sua parabola di ragazza non proprio bella, neanche tanto popolare tra i coetanei, e ora ai vertici del successo, Lady Gaga (Stefani Joanne Angelina Germanotta, il nome anagrafico) ha dato questa veramente geniale spiegazione: “Io sono sempre stata famosa, solo che nessuno se ne accorgeva”.
Questo non è un semplice motto di spirito, questa è l’espressione paradossale di una verità che viene al mondo. L’ho riconosciuta dopo averla già incontrata nel pensiero della differenza, in due diverse versioni: l’incipit del Sottosopra rosso sulla fine del patriarcato (che finisce nell’atto in cui finisce il suo credito nella mente femminile); e quel detto della comunità filosofica Diotima secondo cui l’inizio della libertà nella vita di una donna coincide con la scoperta che c’è sempre stata libertà nella vita delle donne.
Il detto di Lady Gaga è più breve e acuto nell’esprimere la stessa scoperta. E cioè che la storia fattuale non ha il potere di dettare la misura di quello che siamo, perché la oltrepassa un’altra misura, nascosta nei desideri della persona singola; quello che la storia fattuale è chiamata a fare è di far scoprire, a noi e agli altri, la segreta grandezza di quello che siamo e possiamo essere. Non senza il lavoro della necessaria mediazione: Lady Gaga è una grande lavoratrice, anche nel senso banale della parola.
A questa idea della storia si può collegare un fenomeno facilmente osservabile. Oggi, al protagonismo dei potenti e delle masse è subentrato un protagonismo di persone comuni, che produce fantasie, inganni, individualismi, per cui lo si copre di facile riprovazione. In realtà, questo slancio di persone che non hanno titoli per prevalere sugli altri (e neanche voglia) ma non vogliono fare massa perché si sentono di esistere in prima persona e chiedono di essere riconosciute come tali, è carico di potenzialità positive. Il fatto che tali potenzialità siano usate dal potere e sviluppate malamente nella cultura dominante, è solo una ragione in più per una politica che le prenda in considerazione e da esse si faccia indirizzare. Il movimento femminista della seconda ondata, non è questo che ha fatto in pratica (autocoscienza, partire da sé) e in teoria (politica del desiderio, pensiero della differenza)? Si tratta, in sostanza, di riscattare il desiderio di protagonismo dalla prigione delle fantasie e di tradurlo nella realtà, senza rimpicciolirlo.
Sono sempre stata grande come i miei desideri, solo che nessuno se ne era reso conto. È ora di saperlo, è ora di provarlo. Diventare famosa (o famoso): sinonimo-pseudonimo di un agire politico finalizzato a ottenere dalla storia fattuale la verifica della grandezza delle persone in prima persona, secondo una nuova concezione della politica e della storia che il femminismo ha anticipato.
(www.libreriadelledonne.it, 17/7/2010)