Lettera ad Aldo Grasso a proposito del suo articolo sull’ultimo numero di Sette “Va bene avvocata e pompiera, ma state attente”.
Caro Grasso, leggo sempre con gusto i suoi ironici articoli sul Corriere; ma devo confessarle che durante la lettura della sua ultima rubrica su Sette (“Va bene avvocata e pompiera, ma state attente”) ho provato una sensazione di déja vu, come se lei avesse riportato indietro l’orologio al 1987 quando uscirono le “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua” di Alma Sabatini.
Non si tratta di prescrizioni dall’alto, come già allora avevano sottolineato le molte donne intervenute nella discussione che ne seguì sui giornali: la lingua -come anche lei afferma- “cambia lentamente secondo gli usi e i costumi”.
Ma è di usi ormai consolidati che stiamo parlando, accolti anche dai dizionari: il primo fu il Gabrielli nell’edizione del 1993.
Per rendersi conto del cambiamento basta confrontare un’edizione del Corriere degli anni Ottanta e una di oggi: al posto degli orrendi “sindaco in gonnella”, “sindaco donna” o sindachessa, troviamo semplicemente “la sindaca”.
Un tempo le donne venivano escluse dalle cariche pubbliche e da molte professioni: in Italia, per esempio, la carriera in magistratura è stata aperta alle donne solo nel 1963 (!), come racconta nel suo bel libro “La giudice” Paola Di Nicola; ora hanno occupato molti luoghi ed è per fierezza che ci tengono a marcarli al femminile.
Comunque se non si fida di me, le ricordo che anche l’Accademia della Crusca “invita a cambiare abitudini linguistiche in linea con i mutamenti sociali”, come annunciato da Paolo Di Stefano sul Corriere (“La parità secondo la Crusca” 15 -11- 2013).
Ho conservato l’articolo e sul margine ho scritto: Vittoria!
Con simpatia
Francesca Graziani
(www.libreriadelledonne.it, 3 aprile 2015)