di Marina Terragni
Ricevo e pubblico una “lettera alle amiche del Pd” da Flavia Perina, ex-direttora del Secolo d’Italia ed ex-parlamentare di Fli
Carissime, fra qualche giorno discuterete, insieme agli altri, gli emendamenti alla legge elettorale che riguardano la parità di genere. Ci arriverete sull’onda di una domanda inespressa, ma ben presente all’opinione pubblica:
come è possibile sostenere ancora il legame tra rappresentanza femminile e rinnovamento politico dopo il caso Cancellieri, dopo il caso De Girolamo, dopo la Polverini, dopo la Lorenzetti, dopo la signora Mastrapasqua con i suoi Cda? E non avete il timore che le vostre rivendicazioni abbiano il suono della “solita lagna” dopo il caso Moretti, dopo il caso Boldrini, dopo che insomma le donne in politica si sono fatte trascinare di nuovo nel cliché delle povere vittime, bistrattate, insultate e bisognose di scudi maschili?
Lo scrivo qui perché ho preso parte un paio di anni fa, insieme a voi, al sussulto movimentista di “Se non ora quando”, che ben altre cose prometteva. Di certo, non i mancamenti per la battuta da caserma di un poveretto (o di mille poveretti, se è per questo). Mi piacerebbe che affrontaste il problema, voi che siete tante e politicamente attrezzate per farlo, invece che eluderlo consegnandovi alla sciatteria rappresentativa dei talk show. Per esempio, si potrebbe cominciare a dire che le signore che hanno scandalizzato l’Italia in questi mesi sono il prodotto di vent’anni di selezione ancillare delle donne in politica e che l’unico antidoto all’idea che parlamentari e ministre siano le badanti di interessi maschili è aumentarne il numero, spalancare i cancelli, offrire davvero pari opportunità e uscire dalla logica della minoranza tutelata che avvantaggia le più carine e le più supine. Nel resto d’Europa ha funzionato.
In second’ordine si dovrebbe iniziare a riflettere sul circolo vizioso vittima-carnefice che gli ultimi eventi rischiano di incardinare nell’immaginario politico nazionale quando si parla di donne. Non è argomento secondario. E trovo davvero strano che il mondo della sinistra, che ha fatto la storia dell’emancipazione, sia caduto nella trappola della vittimizzazione di sé, del «guardate-cosa-ci-dicono» allineandosi al cliché lamentoso delle ragazze di Berlusconi: quelle che «non trovano più un fidanzato perché le trattano da prostitute», quelle che «le insultano dai palchi».
I commentatori del centrodestra, giustamente, gioiscono: chi la fa l’aspetti, si dicono, e magari non hanno neppure torto. Ma non si potrebbe trovare un altro modo, che non suoni lamentoso, di rispondere all’incarognimento misogino di un pezzetto di Paese? Non vi accorgete che la denuncia in forma di lagnetta ci riporta indietro, a una visione di stereotipata debolezza delle donne nello spazio pubblico? E che non serve a niente, anzi provoca una escalation di aggressività intollerante e cialtrona?
Nella nostra vicenda nazionale non mancano i modelli, e persino le icone che potrebbero essere da guida in questo passaggio e suggerire modalità alternative. Senza scomodare la politica e la storia, basta immaginarsi l’Anna Magnani dell’Onorevole Angelina. Ispirarsi a lei più che alle signorine dei Telefoni Bianchi non sarebbe sbagliato e rimetterebbe al posto loro molti idioti.
L’OSSESSIONE DELLO STUPRO
(Intervento pubblicato su Facebbok)
di Peter Freeman
Vorrei dire due cose su quest’ultima vicenda dei post sulla Boldrini pubblicati sul profilo fb di Grillo. A me non interessa quanto male si possa pensare di Boldrini, e neppure se lei sta svolgendo il suo ruolo in maniera decente o invece pessima. Mi interessa ancor meno il merito della vicenda ultima (il decreto Imu-Bankitalia). Di quello si può discutere quanto si vuole ma in altra sede e in altra maniera. Mi interessano invece il merito e la sostanza di quegli insulti e l’immaginario che li muove. E’ un immaginario maschile che, in quanto maschio, mi fa abbastanza schifo. Mi fa schifo che, quando un uomo deve insultare una donna, fosse anche una donna di potere, lo spettro degli insulti si collochi sempre e comunque dentro una cornice che ha nello stupro o nella prostituzione il suo “core business”. Che la cosa più “desiderabile” che si possa augurare a una donna nei cui confronti si nutre astio e rancore abbia a che fare con la violenza sessuale o con la sua riduzione a oggetto di piacere (e potere) sessuale il più possibile degradante. E’ di questo che dovremmo discutere, non delle colpe di Boldrini, perché questo viene prima, questo è politica e cultura e riguarda noi maschi, non le donne. Grillo non ha postato quel “quesito” per caso: non è scemo e conosce i media, e ancor più i social network e le pulsioni che spesso li percorrono. Lo ha fatto intenzionalmente perché cercava proprio quel tipo di risposte, voleva sottoporre Boldrini a uno stupro virtuale. E ha trovato tra i suo seguaci un buon numero di stupratori virtuali. Questa, e non altra, è la questione. Una questione maschile.”
(blog.iodonna.it – 4 febbraio 2014)