di Marta Equi
Mi ricordo benissimo il divano rosso e i miei piedini che arrivano appena al bordo, a guardare il cartone in cassetta de La Bella Addormentata nel Bosco. L’avrò vista decine e decine di volte, di seguito, da sola. Chiamavo mia mamma solo quando Ciaikovskij mi preannunciava che stava arrivando Malefica. Lei stava con me solo fino a che la musica se ne andava, poi con uno sguardo la liquidavo. Dovevo vedere da sola trattenendo il fiato quel cartone che mi appassionava. La cosa che più ho amato di questa storia è la frase di una delle fate: Malefica non sa niente dell’amore. Una verità preziosa che ancora oggi mi risuona dentro: il male è assenza dell’esperienza dell’amore.
Sono passati un po’ di anni ma la passione per i cartoni animati è rimasta, perché sono racconti che nascondono poesie, percorsi dell’anima, archetipi e sogni. Tutto sotto le spoglie di cose per bambini. Eppure certe cose scavano scavano, parlano… non importa quale sia il mezzo o la qualità del prodotto, certe cose vivono.
È questo quello che è successo in Maleficent, il recente film della Disney, che racconta la fiaba classica secondo il percorso di vita di quella che siamo stati abituati a vedere come la perfida cattiva. Posto che sono ben consapevole che non si può guardare Maleficent con occhi naif: è un film della Disney, grande produzione, alto budget e attori famosi, eppure, c’è qualcosa che risuona, anche qui dentro…
Che gioia all’uscita del cinema: Maleficent è un film sulle donne! È un film sulla vicinanza che le donne hanno con il cuore selvaggio del mondo, un film sul rapporto tra madre e figlia e sulla forza e felicità che può scaturire da questo rapporto.
Maleficent è una fata bambina innamorata delle cose, che vive in simbiosi con la natura e le stagioni. È bellissima ma vagamente inquietante, è più grossa delle altre fate, colorate e graziose, che infastidisce con le sue magnificenti ali nere di aquila forte. Ali che usa per volare accarezzando l’acqua, per raggiungere le nuvole e stagliarsi, con l’oceano dentro, con il petto offerto al cielo e alla luce.
Malefica si distacca leggermente dal suo lato vivo e animale per poter innamorarsi di Stefano, un ragazzo umano di umili origini molto affascinato da lei.
Malefica parla con gli alberi e difende con forza e amore la sua bellissima brughiera, oggetto di desideri di conquista da parte del re. La sua forza deriva dalla sua simbiosi con le creature dell’ombra e del bosco che la conoscono e che lei conosce, e in questo affidamento reciproco con la natura Malefica sconfigge il borioso e vecchio re e la sua armata.
Stefano cresce e brama il potere e per poter diventare re, dopo aver ingannato e drogato Malefica compie un atto terribile: le taglia le ali.
Malefica si veste di dolore e ghiaccia la brughiera, sottomette gli esseri magici che ora la temono come loro padrona, infittisce la foresta, nera ed impenetrabile, che separa il suo mondo da quello degli umani. E, ovviamente, lancia la maledizione che tutti conosciamo su Aurora, la figlia di re Stefano: quando aurora compirà 16 anni si pungerà con un fuso di un arcolaio e cadrà in un sonno simile alla morte che solo il vero amore risveglierà, tanto, pensa Malefica dolente, il vero amore non esiste.
Aurora viene nascosta nel bosco dal re, affidata alle tre fatine gioiose ma imbranate che dovrebbero proteggerla e nasconderla fino al giorno del suo sedicesimo compleanno, e che non si accorgono che in realtà Malefica è sempre presente. La gioia non è nulla se non accompagnata dalla conoscenza, se non è conquistata.
La bambina cresce seguendo un percorso simile a quello di Malefica, in relazione con la vita del bosco, che grazie a questa rinata attenzione inizia piano piano a risvegliarsi e disgelarsi, e così anche Malefica viene toccata e scaldata dalla presenza di questa bestiolina, che le si affida e le dice so che sei sempre stata con me anche quando non ti vedevo.
Malefica, aiutata dal suo daimon: un corvo ironico e fedele che lei trasforma in uomo lupo o drago a seconda del bisogno, è sempre lì per lei, la guarda, veglia giorno e notte sulla bambina. Attraverso le scoperte di questo esserino gioioso Malefica piano piano riacquista memoria del suo amore per la foresta, e speranza.
Il bacio che sveglia Aurora non è quello del principe, ma quello della madre che le chiede perdono per la maledizione che ha scagliato e la ringrazia, le dice non ti abbandonerò mai più… Aurora si sveglia ed è proprio lei a liberare le ali di Malefica e a ri-donarle la sua connessione con il mondo vivo.
Io sono cresciuta con la storia della principessa che vive con le tre fatine impacciate ma buone, dolce Aurora che è amica del bosco e che viene salvata da un principe che attraversa la selva e uccide il drago per lei. Oggi mi formo con la fiaba di Maleficent, donna che vive nella foresta, che è fertile o letale in armonia con il suo cuore, esclusa per la grandezza delle sue ali e la profondità del suo volo, che è libero e tocca il sole, che si lascia strappare le ali ma le ritrova riconnettendosi alla bambina, sua figlia, la propria stessa anima.
Malefica forse, sa qualcosa in più dell’amore, sa la vita.