di Sara Gandini, Laura Colombo, Laura Minguzzi
Madre di Dio, Vergine, diventa femminista. Diventa femminista, diventa femminista.
(Preghiera punk delle Pussy Riot)
Ekaterina Samutzièvich (Katja) è nata a Mosca il 9 agosto 1982. Dopo la scuola superiore ha frequentato l’Istituto dell’Energia di Mosca e si è diplomata nel 2005. Katja ha lavorato due anni in un’impresa bellica, dopo di che si è iscritta alla scuola di fotografia e multimediale A. Ròdcenko. Si è diplomata nel 2009, occupandosi poi di pratiche artistiche.
Nadezda Tolokònnikova (Nadja) invece è nata a Noril’sk, in Siberia, nel 1989, il 7 novembre, giorno della Rivoluzione. Dopo la scuola superiore si è trasferita a Mosca, dove si è iscritta alla facoltà di filosofia dell’Università Statale. Alla fine del quarto anno ha chiesto una temporanea interruzione degli studi per occuparsi a tempo pieno di arte.
Marja Aliòchina (Mascia) è nata a Mosca il 6 giugno 1988. Dopo la scuola superiore ha lavorato nel movimento “Danilovzy”, che assiste negli ospedali i bambini psichicamente malati. È stata una delle organizzatrici della campagna in difesa del parco Utrisc e ha fatto parte dell’organizzazione Green Peace. Prima dell’arresto studiava all’Istituto di Giornalismo. Si dedica anche alla poesia.
La giornalista Elena Masuk sul quotidiano online «Novaja Gazieta»[1] ha intervistato Nadja e Mascia, oggi rispettivamente nella colonia penale zona numero 14 della repubblica di Mordovia e nella colonia zona numero 28 Solikamsk nella regione di Perm[2].
Nadja viene svegliata dalle guardie alle cinque e mezza del mattino e per tutto il giorno deve cucire le giacche “Baltica” e “Meteor” per l’esercito: 320 al giorno per 350 rubli al mese. Il cappotto che porta addosso l’ha dovuto pagare 900 rubli, il fazzoletto 150 e le scarpe che indossa sono di un materiale molto freddo. Bisogna lavorare in fretta per rispettare i tempi della squadra. Si mette nella posizione yoga del loto per cucire più rapidamente ed estraniarsi. Legge la Bibbia, i filosofi russi Berdjàev, Rozànov, Soloviòv, Merezhkòvkij e il filosofo contemporaneo Zlavoj Zizek. Ama andare alle fonti della religione, contro la Chiesa gerarchica di potere:
«La nostra Preghiera non era né contro la Madonna, né contro Dio, invece ci hanno presentato come nemiche di Dio, delle teppiste. Anche N. Berdjaev e F. Dostoievskij furono condannati come nemici della Chiesa. Capita a tutti coloro che si interessano del destino della religione. Mi sento di continuare la tradizione di questi filosofi. […] Fin da piccola ho avuto la percezione dell’esistenza di qualcosa che io chiamo destino, altri Dio, altri Allah».
Le tre giovani donne che formeranno il gruppo delle Pussy Riot si conoscono nel 2008 e cominciano a frequentarsi periodicamente per discutere di arte e di politica. Nel 2010 nasce in loro il desiderio di creare un gruppo femminista che agisse nello spazio pubblico su temi politicamente rilevanti. Nel 2011 – momento politico particolarmente delicato segnato dalle elezioni della Duma e da numerose marce di protesta – insieme ad altre giovani donne, tra cui Katja e Nadja, ideano il gruppo, il nome e l’immagine. Nell’ottobre dello stesso anno le Pussy Riot, cantanti punk e femministe radicali, danno luogo alle prime performance illegali, in metro e sui tetti dei filobus.
Il 21 febbraio 2012 le Pussy Riot si introducono nella cattedrale di Cristo Salvatore di Mosca e intonano la preghiera punk Santa Maria, Vergine, liberaci da Putin! La performance originaria dura meno di un minuto, ma le ragazze vengono portate fuori dalla chiesa dalle guardie private e arrestate. Il 17 agosto, dopo l’arresto e la carcerazione preventiva, Nadja e Mascia vengono condannate a due anni di rieducazione in due colonie penali differenti per “vandalismo motivato da odio religioso”. Katja, condannata a due anni con la condizionale, è attualmente in libertà vigilata. Nadja e Mascia, pur essendo più giovani e con bambini piccoli, sono in due colonie penali lontane 1000 km da Mosca, fra donne recluse per reati molto più gravi[3].
Dalla performance nella Cattedrale del San Salvatore è stato registrato un video ed edito il libro Una preghiera punk per la libertà (Saggiatore), traduzione di una pubblicazione curata nel settembre 2012 da Feminist Press che contiene poesie e preghiere delle Pussy, documentazioni e materiali del processo, e anche numerose testimonianze in loro supporto da parte di artiste e artisti di tutto il mondo. Alcune delle Pussy Riot hanno lavorato direttamente con Feminist Press per il progetto di questo libro. I proventi della vendita del libro (tramite il sito Free Pussy Riot) vanno in un fondo per le famiglie di Mascia e Nadja sulle quali sono pesate prima la difesa legale e ora le spese per la loro detenzione. L’ultima protesta delle Pussy Riot è stata lanciata in rete il 6 settembre 2012, con un video pubblicato su YouTube. Si vedono alcune componenti della band, rimaste libere a Mosca, con il capo coperto dal passamontagna colorato, che scendono da un muro e gridano un messaggio contro Putin: «Il nostro Paese è dominato da un uomo che pensa sia illegale definirsi femminista e sostenere i diritti di gay e lesbiche. Quest’uomo pensa che, se canti e balli in modo sconveniente, devi farti due anni di rieducazione».
Nadja aveva già fatto parte del gruppo «situazionista»[4] dei Vojnà (guerra) a cui si devono performance artistiche di grande impatto. Nel 2008 ad esempio, all’ottavo mese di gravidanza, Nadja ha partecipato a un happening dal titolo Copula per l’erede orsacchiotto, alla vigilia dell’elezione di Medvèdev, che in russo ha la stessa etimologia di medved'(orso): quattro coppie facevano sesso pubblicamente nel Museo Statale di Biologia di Mosca. Dopo questa performance è stata espulsa dall’Università Statale Lomonòsov di Mosca, la più antica e prestigiosa università del Paese. Sempre con il gruppo Vojnà nel 2010 ha partecipato a una performance nel tribunale Tagànskij, a Mosca, per denunciare la corruzione dei giudici, disseminando centinaia di scarafaggi neri per le stanze e i corridoi. L’evento dei Vojnà che ha suscitato maggiore eco internazionale è stato però a San Pietroburgo nel 2011: si trattava del disegno di un enorme fallo, lungo decine di metri, sul ponte Litèjnyj, davanti alla sede cittadina dell’Fsb, l’erede del Kgb; quando il ponte si alza, per far passare le navi, il grande fallo appare come in erezione di fronte al primo traghetto. Nell’ottobre del 2011 una parte delle donne che partecipavano alle azioni dei Vojnà si è staccata per fare azioni più spiccatamente femministe, come la campagna Bacia la sbirra: le ragazze tentavano di baciare sulla bocca tutte le poliziotte che incontravano.
Oleg Kùlik, che faceva parte del gruppo Vojnà, ha ricollegato queste performance all’azionismo russo, una “dichiarazione di pazzia” che ha radici nel 1600, nel movimento ascetico degli Stolti di Cristo. Asceti come Avvakùm e San Basilio il Benedetto, durante le loro performance aggressive erano i soli a poter criticare apertamente il potere attraverso azioni estreme in spazi pubblici simboli del Paese[5]. Kulik ammette però che l’arrivo del capitalismo in Russia e il disfacimento del socialismo hanno reso le azioni dei Vojnà invisibili: «Erano performance radicali basate sull’eliminazione di comportamenti civili, ma avvenivano sullo sfondo di un capitalismo selvaggio tale che la società non si scandalizzava più. Eravamo nulla in confronto ai politici di quegli anni».
In questo contesto nascono le Pussy Riot: «Amiamo il principio della rima cattiva e l’inspiegabile è nostro amico. Le opere intellettuali e raffinate dei poeti di Oberiu[6] e la loro ricerca del pensiero ai limiti del significato trovarono rappresentazione concreta quando pagarono la loro arte con la vita, sradicata dall’insensato e inspiegabile Grande Terrore. Pagando con la loro vita questi poeti dimostrarono che l’irrazionalità e l’insensatezza erano le fondamenta della loro epoca. L’essenza della vita umana sta in questo: essere un mendicante ma arricchire gli altri. Non avere niente ma possedere tutto. Si pensa che i dissidenti di Oberiu siano morti ma sono vivi. Sono stati puniti ma sono ancora di insegnamento».
Durante il processo dell’estate 2012, Nadja ha dichiarato: «Siamo giullari, skomoròkhi, forse addirittura pazzi sacri»[7].
La stampa ha giudicato la performance delle Pussy Riot incriminata una danza blasfema[8].
Ne hanno fatto una questione morale. In questo anche la stampa religiosa oltre che i giornali di regime e gli interventi dello stesso Putin hanno dato loro man forte. Pare che soprattutto la provincia e la campagna si siano espresse a favore della severità della pena per le ragazze, da intendere come un messaggio di rigore contro ogni opposizione politica[9]. Tutta la vicenda delle Pussy Riot può essere letta sotto diverse prospettive. Molta parte della stampa si è focalizzata sugli aspetti più facilmente accessibili e accattivanti della vicenda, cancellando completamente le coordinate politiche e artistiche in cui si muovono le Pussy Riot[10].
A noi preme osservare cosa le Pussy Riot possono darci in termini di forza e radicalità politica, senza dimenticare gli scivolamenti possibili quando affrontiamo realtà lontane da noi, geograficamente e culturalmente. Ma ci preme evidenziare la radicalità della loro pratica e il lavoro sull’immaginario e sul simbolico che realizzano con le loro performance. Le loro accuse sono diverse dalle solite tirate anti-Putin (le elezioni truccate, la retorica dei diritti umani, ecc.) e svelano la natura più intima del meccanismo di consenso del regime, risultando particolarmente indigeste. Infatti spiegano quanto Putin abbia sfruttato la religione ortodossa e soprattutto il suo apparato simbolico per costruirsi una “origine” teocratica. La Chiesa ortodossa russa ha accettato di rivestire questo ruolo ed è emersa come principale attore di questo progetto di legittimazione. Su questo Katja si è espressa nella sua difesa al processo: «Hanno utilizzato notevoli quantità di professionalità scenografiche, attrezzature video, lunghe dirette sulla televisione nazionale, numerosi sfondi per le notizie moralmente e eticamente edificanti, dove presentare i discorsi ben costruiti del Patriarca, spingendo in tal modo i fedeli a fare la scelta giusta politica in un momento difficile come quello che ha preceduto le elezioni per Putin». E poi «le immagini dovevano essere scolpite nella memoria, e costantemente aggiornate, ma al tempo stesso tutto questo doveva sempre dare l’impressione di qualcosa di naturale, continuo e imprescindibile».
«La nostra improvvisa apparizione musicale nella Cattedrale di Cristo Salvatore con la canzone Madre di Dio, spazza via Putin ha violato l’integrità dell’immagine mediatica che le autorità avevano voluto produrre e mantenere per tutto questo tempo, e ha rivelato la sua falsità. Nel nostro spettacolo abbiamo osato, senza la benedizione del Patriarca, unire l’immaginario visivo della cultura ortodossa con quella della cultura della protesta, suggerendo così che la cultura ortodossa non appartiene solo alla Chiesa ortodossa russa, al Patriarca e Putin, ma che potrebbe anche allearsi con la ribellione civile e lo spirito di protesta in Russia»[11].
Le Pussy Riot dichiarano di credere nel potere della preghiera e dell’arte, nel potere della parola e dell’amore. Non rivolgono proposte politiche a partiti, sindacati e istituzioni, e nemmeno al mercato dell’arte, ma lavorano sul piano simbolico. Quando Madonna e Bjork le hanno invitate a suonare con loro hanno risposto di essere lusingate ma hanno ribadito che le sole esibizioni a cui sono interessate sono quelle illegali: «Rifiutiamo di esibirci come parte del sistema capitalistico, in concerti dove vendono biglietti»[12].
Anche sul corpo Le Pussy Riot lavorano in modo interessante. Nascondono il viso con dei passamontagna colorati e indossano vestiti corti e calzamaglie colorate. Per evitare proiezioni sessuali maschili e sviare l’attenzione dai messaggi politici, annullano aspetti che possono costituire richiami sessuali (diversamente dalle femen[13] che si mettono a seno nudo), pur mantenendo forti tratti femminili: «Ci siamo chiamate Pussy [“figa”] per contrastare la mentalità machista corrente che vuole la donna, il sesso femminile accogliente, tenero, docile».
Questo lavoro sul proprio aspetto ha colpito molto l’immaginario collettivo, tanto che è diventato un Logo, volutamente non registrato, ed è stato ripreso ovunque, facendo il giro del mondo.
Le Pussy Riot hanno dunque mostrato la capacità di partire da sé, dalla loro verità, dal loro corpo, sfidando un decalogo morale molto rigido e insensato, senza fare compromessi. Si tratta di giovani donne coraggiose che hanno saputo mettersi in gioco personalmente fino in fondo, sfidando direttamente gli uomini di potere che determinano la vita del paese.
Criticano da un punto di vista russo e ci tengono a definirsi patriote. Nadja dice di odiare Putin ma di amare la Russia e di battersi perché la sua bambina possa crescere in una Russia libera. Si dichiara addirittura contenta di questa condanna spropositata, perché in questo modo il sistema Putin ha in realtà «emesso una sentenza contro se stesso».
Uno degli effetti più interessanti della condanna, secondo Nadja, è che il processo ha riunito forze diverse e opposte e che la pressione esigente, incalzante e costante della società sulle autorità del governo l’ha reso un evento politico che sta scrivendo la storia della Russia: «Ogni giorno, sempre più persone capiscono che, se il sistema attacca con tale veemenza tre giovani donne che si sono esibite nella cattedrale per quaranta secondi, significa che questo sistema teme la verità, la sincerità e la rettitudine che noi rappresentiamo»[14].
Il 26 gennaio 2013 in collegamento con la Libreria delle donne via Skype, Katja ha raccontato che, dopo la condanna, la lotta è per via giudiziaria, per la libertà di Nadja e Mascia, e per difendere le manifestazioni artistiche delle Pussy Riot, e anche il senso della loro azione dai travisamenti e strumentalizzazioni dei media.
Chi scrive ha incontrato nell’estate 2013 Pussy Katja a Mosca – avevamo già parlato con lei virtualmente (via Skype alla Libreria delle donne il 26.1.2013): una grandissima energia e una forza soprannaturale, forse frutto della libertà che lei e il gruppo incarnano. Tornando a questo mondo, Katja ha raccontato che il suo tempo lo passa con avvocati per presentare istanza di appello, a tutti i livelli, contro la condanna di Nadja e di Mascia, per ottenere una riduzione di pena. Inoltre si occupa della causa legale contro chi si è appropriato senza il loro consenso del logo del gruppo.
Quando uscirà Nadja si occuperà ancora di arte e politica. Vorrebbe continuare gli studi all’Università Statale di Mosca (MGU), concorrere per il dottorato. Durante l’intervista racconta della figlia Gera che può sentire quindici minuti al giorno: «La cosa che mi pesa di più nella colonia è l’impossibilità di concentrarmi nella lettura. C’è un regime dei tempi che è uguale per tutti. Il freddo e le privazioni materiali non mi disturbano troppo. Mi ritengo un po’ un’asceta».
Mascia racconta che è in isolamento perché non si è svegliata alle cinque e trenta in punto. Legge libri che gli amici le spediscono. Si sta preparando a una conferenza sui gruppi politici e artistici degli anni Venti-Trenta. A parte il periodo di isolamento (novanta giorni), anche lei cuce guanti per l’esercito per otto ore al giorno. È controllata in tutti gli spostamenti e non può comunicare con nessuno, né partecipare ai momenti collettivi della colonia penale: «La cosa che le pesa di più è la consapevolezza che lo scopo della permanenza nella zona di rieducazione è la formazione di una coscienza servile. Come luogo non è brutto, conserva vecchi ricordi storici. Qui sono stati rinchiusi, in esilio, Shalàmov e Bukòvskij, nella mia stessa cella di isolamento».
NOTE
1. NovayaGazeta N°7 del 23 gennaio 2013. Quando non indicato diversamente le dichiarazioni sono tratte da questa intervista.
2. Traduzione di Laura Minguzzi.
3. Come si spiega? Un proverbio russo dice “Non sottovalutare i secondi”. L’avvocata di Katja ha sostenuto nella sua difesa che la ragazza voleva partecipare attivamente alla preghiera punk ma non ha fatto in tempo perché trattenuta dai poliziotti: Katja, sostiene, è stata davanti all’altare quindici secondi e non quaranta-cinquanta come le altre, anche se non ha nascosto il carattere politico dell’azione.
4. Il Situazionismo è un movimento artistico e politico nato alla fine degli Anni ’50 del secolo scorso, animato da una critica radicale della società capitalistica e della sua cultura.
5. Dal sito Repubblica Pussy Riot: “Non trattate gli artisti come fossero animali”.
6. Unione per l’arte reale. Ultima formazione letteraria d’avanguardia, creatasi nella Russia degli anni Venti a Leningrado. I componenti furono colpiti dalle purghe staliniane.
7. Dal sito Rivista Studio Gli shomorokhi erano dei menestrelli che si esibivano sia in pubblico che per lo zar nella Russia medievale e, come le Pussy Riot, univano il dileggio alla disobbedienza.
8. «Il luogo scelto dalle Pussy Riot per la loro preghiera punk non poteva essere più simbolico. Una preghiera alla Madonna davanti all’altare della Cattedrale del Cristo Salvatore per liberare la Russia dal male, cioè da Putin. La Cattedrale, voluta da Alessandro I per festeggiare la vittoria su Napoleone, era stata demolita negli anni trenta per ordine di Stalin per fare spazio al progetto del Palazzo dei Soviet. Il grattacielo non fu mai realizzato e al suo posto, negli anni sessanta, fu costruita un’enorme piscina di acqua calda per poter praticare il nuoto a cielo aperto sotto la neve di gennaio e febbraio. All’inizio degli anni novanta sono iniziati i lavori di ricostruzione della cattedrale, nello stesso luogo e a imitazione dell’originale, in stile neobizantino e ugualmente ricca e monumentale».
9. Secondo le ipotesi del sito Echo di Mosca, pare che Nadja e Marja abbiano tenuto, durante il processo, una linea di difesa che assomigliava più ad un attacco. Hanno preso la parola dichiarando apertamente che Putin è responsabile delle condizioni di vita pessime della maggior parte della popolazione e quindi di essere lui per primo immorale; alle sue insinuazioni di avere perfino scelto un nome indecente, hanno risposto puntualmente che sono molto più rozze e indecenti le sue espressioni; per esempio in occasione dell’attentato al Teatro Dubròvka di Mosca nel 2002, dove per liberare gli ostaggi fu usato dagli Omon (corpo speciale anti-terrorismo) un gas letale che ne uccise più di quanti ne avrebbero uccisi le-i terroriste-i, Putin gridò ai quattro venti che avrebbe «fatto fuori i ceceni perfino nel cesso!»
10. Da una parte i commentatori si sono scagliati contro la “cattiva Russia” e dall’altra si sono sprecati in commenti che ricamavano sessualmente l’immagine delle tre giovani Nadja, Mascia e Katja (“look pre-Raffaelita”, “labbra alla Angelina Jolie”, “sex symbol voluttoso”) puntando su richiami sessuali, semplificando la vicenda e omettendo le ragioni profonde della protesta.
11. «l’Unità» 16 agosto 2012. Pussy Riot, le dichiarazioni al processo
12. dal sito RaiNews24.
13. Movimento di protesta ucraino fondato a Kiev nel 2008, diventato famoso su scala internazionale per la pratica di manifestare in topless contro il turismo sessuale, il sessismo e altre discriminazioni sociali.
14. Una preghiera punk per la libertà; ed. Saggiatore (pag. 31).