Care tutte,
spero di non scocciare con un’altra mail, ma lo scritto di Rinalda Carati mi ha fatto pensare. Propone, come Rosaria Guacci, un discorso di ritorno: «Mi chiedo (scrive Ro): di fronte a un mondo ancora cogente per regole precostituite all’affermazione delle donne – quando esse siano in posizione di forza dettate dall’esterno e forse non ancora in grado di dettare regole proprie – non sarebbe più proficuo lavorare ad accrescere credibilità, competenza, autorità seguendo i propri intuito ed esperienza e negandosi alla cooptazione?»
Rinalda lo dice con queste parole: «… tutte le volte che mi è riuscito di fare libertà per me stessa e per un’altra: a questo che ho vissuto non rinuncerei per nessuna ragione al mondo». Però le sembra che le donne più giovani non abbiano bisogno di questa sua «preziosissima esperienza».
E trae questa conclusione politica: «sono convinta che se va perduto questo aspetto (di fare ‘libertà per se stessa e per un’altra’) non si può fare altro che ricascare nella logica del fine che giustifica i mezzi.»
La logica del fine e dei mezzi è un vivere da singole in componenti alleate (per esempio del femminismo con pratiche e teorie queer).
Per Rinalda è l’errore di non aver pensato politicamente a sufficienza. Lo dice anche Ro: «non sarebbe più proficuo…»
La proposta direttiva di Rinalda è: c’è solo l’esistenza, e in essa l’erotismo della libertà.
Si discute, e pare discussione politica, dell’erotismo del potere, ma discutere dell’erotismo della libertà dei corpi è molto più eccitante, e qui: viva Mary Daly!
ciao,
Cristiana Fischer