Progetto su Christa Wolf è il titolo dello spettacolo in scena al Teatro Verdi di Milano fino al 25 marzo, regia di Maurizio Schmidt, con l’attrice Elisabetta Vergani, ospite, venerdì scorso, alla Libreria delle donne, ove ha presentato questo lavoro, introdotta da Anna Chiarloni, docente di letteratura tedesca dell’Università di Torino.
Il dramma è una trasposizione scenica dei romanzi della scrittrice su Cassandra e Medea: Cassandra e Premesse a Cassandra (1983), Medea e L’altra Medea (1996). Vergani è supportata da una percussionista che scandisce pause, toni e momenti topici del dramma.
La partecipazione alla serata è stata davvero soddisfacente.
Cassandra e Medea sono figure oscure, mostruose: una è la profetessa di sventura, l’altra la madre che uccide i propri figli.
Cassandra simboleggia il malaugurio, Medea è la strega infanticida, fratricida e omicida: due miti femminili al contrario, che pagano caramente la loro natura antisociale, la profetessa con la condanna a non essere mai compresa e la pazzia, la strega con l’esilio, l’infelicità e la morte.
Sono due donne mosse da forte pulsione sessuale, difficile per il nostro immaginario pensare il contrario, e in qualche maniera “eccessive” eroticamente: da una parte la frigida sacerdotessa di Apollo che si nega all’amplesso del dio e viene violentata da Aiace durante il sacco di Troia, dall’altra parte la maga mangiatrice di uomini e di eroi greci, colta nell’accecamento della gelosia che la porta a far divampare Corinto.
Sono due donne barbare provenienti dall’est geografico e culturale, che nella mitologia greca era ambientato dalle parti del mar Nero: una troiana ed una colca, figlie di re, testimoni della caduta delle loro antiche civiltà al momento della sottomissione ai nuovi dominatori, i greci. Sono entrambe alla scoperta nel nostro mondo, deportate dall’ovest quali prede dai maschi occidentali: Cassandra ribelle preda di guerra del vincitore di Troia Agamennone, Medea complice preda di Giasone, costretta a tradire il proprio popolo per aiutarlo.
Christa Wolf nei suoi romanzi è partita dall’assunto che il mondo greco, con la cultura patriarcale di cui è intriso, ha riscritto tutti i miti preesistenti a proprio vantaggio. La scrittrice tedesca è andata alla ricerca delle sorgenti antiche di quei miti, riscrivendoli e dandone un’interpretazione nuova, vista con occhi diversi, che tiene in considerazione le ragioni del matriarcato.
Così le sue opere sono un viaggio verso uno sguardo femminile di possibile vita, lontano dalla cultura di morte dell’occidente, carico di domande: Chi erano Cassandra e Medea prima che un greco parlasse di loro? La risposta è in quella parte che ancora riposa in ogni donna.
Cassandra diventa in tal modo la storia della dolorosa scelta di dire la verità quando anche il tuo corpo, per non soffrire, ti chiede di non farlo.
Per Christa Wolf, Medea non è né fratricida, né omicida, né infanticida ma capro espiatorio delle tensioni sociali e vittima sacrificale, come spesso capita alle donne.
I romanzi sono un’indagine, un po’ autobiografica, nata quando la scrittrice, dotata di un indubbio coraggio politico, si trovava nell’allora DDR, e riscriveva il mito dell’intellettuale di fronte alla verità (Cassandra), indagine conclusasi all’epoca della riunificazione tedesca dopo la caduta del muro e delle sue illusioni, con Christa Wolf ormai cittadina dell’occidente e messa sotto tiro all’establishment culturale sotto l’infamante accusa di collaborazionismo con la Stasi. Il viaggio nel mito femminile della più grande scrittrice tedesca del novecento termina con una donna disorientata tra matriarcato e patriarcato – entrambi insostenibilmente basati sulla violenza – sospesa tra oriente e occidente, in fondo poco dissimili come casa della donna – che non sa più quale sia la sua patria. Gira tuttavia per il mondo in quanto non ha perso la speranza di poter trovare qualcuno in grado di dare risposta alle sue domande.
22 Febbraio 2007
Delt@ Anno V°, N. 41