di Laura Minguzzi
Nella Corte d’Onore della Biblioteca Sormani la studiosa e saggista Maria Concetta Sala attraversa il vasto epistolario di Rosa Luxemburg, la lucida “sovversiva” dallo sguardo amorevole trucidata il 15 gennaio 1919. La lettura della sua corrispondenza (Lettere di lotta e disperato amore, Feltrinelli, 2019; Dappertutto è la felicità, L’Orma editore, 2019) conduce alla scoperta di una donna che in questa nostra epoca si rivela fonte autorevole per il pensiero, l’azione, il linguaggio. In dialogo con Paola Mammani e Laura Minguzzi.
Guarda il video dell’incontro: https://youtu.be/l_HZHRo_ljk
«Quest’anima di artista era tutta impregnata dalla politica», citazione di Luise Kautsky, amica a lei molto cara, in exergo alla prefazione di Lelio Basso delle Lettere di lotta e disperato amore.
L’eredità di Rosa Luxemburg. Ho trovato in questo libro, una selezione dello scambio epistolare di Rosa con Leo Jogiches, suo compagno di vita e di lotta, molti passaggi profondamente attuali e toccanti che riguardano la politica delle donne e la soggettività femminile e maschile in relazione. Per la sua estensione (918 tra lettere e cartoline) può essere considerata come l’autobiografia personale e politica, unica nel suo genere, di una delle donne più eminenti della sua epoca, una militante teorica di prima qualità. Il valore di queste lettere come documenti di prima mano è importantissimo, una miniera di materiale sul movimento internazionale, i suoi stretti legami col movimento operaio russo e i suoi numerosi contatti con i dirigenti dei partiti della II Internazionale. Il mio interesse nasce anche da una conoscenza diretta della Polonia, dove ho studiato, vissuto e viaggiato per un anno, amando i luoghi, la lingua, le persone e la cultura sperimentale, soprattutto teatrale e artistica.
Rosa scriveva tutti i giorni, spesso anche due volte al giorno, e non solo una cronaca dettagliata della sua attività politica ma amava raccontare di questioni intime, personali del rapporto privato con Leo Jogiches. Narra di sé dentro i fatti, le cose, senza separazione, senza scissione, e spesso rimprovera a Leo la sua mancanza di partecipazione soggettiva… Esprime un’interezza di sé che ce la fa sentire vicina, una figura storica contemporanea e al contempo arcaica in questo suo intenso volere far coincidere il privato e il pubblico, l’interiore e l’esteriore. Evidenzia il suo disagio nelle relazioni solo di affari come chiama lei la causa in corsivo nel testo, cito «non si può parlare e scrivere solo della causa, degli affari, delle meschinità dei partiti», dove non c’è Rosa, lei con la sua vita intera è annullata, rimpicciolita. Una politica, quella dei partiti all’epoca che la fa sentire più piccola, non le permette di godere del mondo intero, della natura, delle piante, degli animali, dell’arte, la soffoca e la depotenzia. Vorrebbe vivere una vita piena, non rinunciare all’amore, alla comunione spirituale… Non si accontenta come Leo di essere un compagno di lotta. Si interroga senza requie e si accorge di non riuscire a scalfire la durezza, la chiusura del compagno che non è capace di aprirsi alla gioia del vivere, dell’essere con pienezza. Rosa non accetta la necessità disgiunta dal sentimento, dalla fedeltà a se stessi, e non indulge mai nel compiacimento verso il potere. Ma nemmeno la rottura della loro relazione, iniziata nel 1891/92, che avvenne nel 1906/7, porrà fine alla corrispondenza… Aveva immaginato una possibilità di autentica comunione spirituale ma parlavano due linguaggi diversi.
Berlino, aprile 1899:
«Sento il bisogno di dire qualcosa di grande. La forma dello scrivere non mi soddisfa più, sento che mi sta maturando nell’anima una forma del tutto nuova, originale, che se ne infischia delle regole e degli stereotipi e li supera – naturalmente soltanto in virtù della forza del pensiero e della convinzione. Ho bisogno di scrivere in modo da incidere sulla gente come un fulmine, da trascinare, si capisce non con la retorica, ma con l’ampiezza delle idee, con la forza della convinzione e con la forza dell’espressione.»
È alla ricerca di una lingua, di una scrittura che tocchi, emozioni, ghermisca alle tempie e non attraverso il pathos, ma con l’ampiezza della visione, il potere del convincimento e il vigore dell’espressione, colpisca gli altri come un fulmine, non fatta di parole d’ordine, ripetute… Aspira alla creatività soggettiva come all’autogoverno delle masse, crede, ha fiducia nella singolarità e non è votata allo stupido culto al Dio Baal dell’organizzazione.
Berlino, maggio 1898:
«Nonostante tutto ciò che mi hai detto prima che partissi, io continuo il solito ritornello che voglio essere felice… e sono pronta giorno dopo giorno a combattere per la mia dose di felicità con l’ostinazione di un mulo… Naturalmente, dopo avere letto questa perorazione, penserai: che egoismo disgustoso pensare solo alla propria “felicità” di fronte alla perdita che tu hai subito [si riferisce alla morte della madre di Leo, NdR] e che è mille volte più grave della perdita degli abbracci dell’amante… Lo penserai e avrai torto…»
Berlino, 6 marzo 1899. Riceve da Leo un regalo per il suo compleanno. Compie ventinove anni. È felice e sogna una vita futura insieme, regolare, senza nascondersi, pubblica. Una casa con i loro mobili, i loro libri e poter lavorare insieme e mostrare a tutti il loro amore, forse un figlio… più avanti parlerà del desiderio di adottare un bambino.
Berlino, novembre 1899:
«In genere la nostra corrispondenza procede così: io scrivo tutto quello che succede a me e intorno a me, tu rispondi con osservazioni “critiche”. Neanche una parola di te, di quello che succede a casa, di quello che fai tutto il giorno, di che cosa c’è di nuovo, chi frequenti e quali conoscenze fai… Non mi piace una corrispondenza così…»
Dappertutto è la felicità è il titolo di un libretto formato cartolina, che si può spedire, tratto da una lettera dal carcere di Wronki del giugno 2017. La lettura di queste lettere ci riguarda nel tempo presente, un tempo di grandi sconvolgimenti, come lo fu l’inizio del secolo scorso in cui visse e lottò Rosa, da protagonista, fedele a sé stessa fino all’ultimo giorno della sua breve ma intesa vita. Morì a quarantotto anni, assassinata.
Come scrive in una lettera del 12 maggio 1918 a Sophie Liebknecht dal carcere di Breslavia:
«C’è ancora molto da vivere e tanto di grande da affrontare. Stiamo assistendo all’affondare del vecchio mondo, ogni giorno ne scompare un pezzo… È un crollo gigantesco, e molti non se ne accorgono, pensano di essere ancora sulla terraferma.»
Prima, in una lettera del luglio 1906, aveva scritto:
«Il tempo in cui viviamo è meraviglioso, e definisco meraviglioso un tempo che pone una gran massa di problemi – di problemi giganteschi – un tempo che stimola pensieri, risveglia la critica, l’ironia e la ricerca di un significato profondo, suscita passioni, e soprattutto è fertile, gravido, ogni ora partorisce una qualche novità e a ogni parto diviene ancora più gravido…»
Dopo anni in cui il suo pensiero è stato trascurato e svalorizzato, nel 2013 un convegno le è stato dedicato all’Università Ca’ Foscari di Venezia; nella rivista DEP, ricerca tematica di studi sulla memoria femminile, troviamo un articolo della storica Bruna Bianchi dal titolo Interpretazioni femministe di Rosa Luxemburg. Una rassegna (1979-2014) che ci illustra le luci e le ombre di questo percorso. Riassumo dal contributo di Bruna Bianchi su Hannah Arendt lettrice di Rosa Luxemburg: Hannah Arendt nel 1966 valorizza la sua idea di democrazia, la sua teoria dell’azione politica, la sua enfasi sul potenziale creativo dell’azione collettiva, la pratica, diremmo oggi, precede la teoria e la buona organizzazione. Hannah Arendt scrive che deve molto alla brillante intuizione di Rosa Luxemburg in L’accumulazione del capitale, da cui prende le mosse la sua teoria del totalitarismo… Una studiosa di origine polacca, Elzbieta Ettinger, emigrata nel ’22 in America, pubblicherà in inglese le Lettere. Verrà alla luce come in Rosa Luxemburg la relazione amorosa, la fiducia nella capacità trasformativa dell’esperienza fossero intimamente connesse all’impegno politico militante. Una modalità della politica che il femminismo degli anni sessanta farà proprio. Le Lettere hanno illuminato un modo di vivere le relazioni umane, di concepire la conoscenza e la politica che ci fanno apprezzare e rendere viva e attuale la sua vita e il suo pensiero. Il primo studio in inglese a suggerire una connessione tra la rivoluzionaria polacca e il femminismo si deve alla studiosa marxista umanista di origine ucraina Raya Dunayevskaja, pubblicato nel 1981 e ripubblicato nel 1991 con un’introduzione della poetessa femminista Adrienne Rich che presentava Rosa Luxemburg come «…un esempio del ruolo svolto dalle donne nella storia come forza e ragione rivoluzionaria, che occupa un posto preminente fra le promotrici del mutamento sociale, le pensatrici, le ideatrici della strategia…».
Nel suo epistolario troviamo ferventi contemplazioni della natura: una traccia che testimonia un inestinguibile desiderio di vita, la volontà politica di «gettarsi nella cascata» dell’esistenza e partecipare con tutte le proprie forze alla complessità delle sorti umane (pag. 25/26 in Dappertutto è la felicità).
Con la crescita dei movimenti ambientalisti l’immagine di Rosa Luxemburg e il suo pensiero hanno trovato rinnovata accoglienza e si è andato affermando soprattutto in Germania. Poi dobbiamo attendere l’inizio degli anni novanta per incontrare una riflessione più attenta del suo pensiero. Per esempio sulla questione del lavoro domestico non retribuito, sul lavoro di produzione e di riproduzione. Tre economiste tedesche ecofemministe hanno fondato la scuola di Bielefeld a partire dalle sue opere teoriche. In particolare L’accumulazione primitiva, dove individua nella casa la sfera tipica dell’accumulazione originaria, oltre alla natura e alle colonie. Seguendo la via tracciata da Luxemburg, secondo questa scuola, è possibile concepire il capitalismo non solo come sistema economico ma come ordine sociale fondato sulla separazione fra produzione e riproduzione.
La tensione continua verso la ricerca di un filo di felicità percorre La Corrispondenza nel suo raccontare nei particolari il suo incessante impegno politico per la causa degli ultimi. Un impegno teorico ma pervaso da un bisogno di contatto con la realtà concreta e la vita quotidiana degli operai, dei minatori, delle operaie tessili. Le piaceva molto fare comizi. Era trascinante ed era ascoltata.
Królewska Huta, giugno 1900. Scrive della sua partecipazione alla campagna elettorale nell’Alta Slesia, in Polonia:
«Il paesaggio mi ha colpito più di tutto il resto, i campi di segale, i prati, le distese infinite, la lingua polacca e i contadini polacchi. Non puoi immaginare come tutto questo mi renda felice. Mi sento come rinata, come se avessi ritrovato la terra sotto i piedi. Non sono mai sazia delle loro parole, del sapore dell’aria di qui!»
Nei villaggi, nelle piccole città prova un senso di felicità a contatto con i campi di segale immensi, contro il rumore e la solitudine di Berlino, dove lei viveva in quel momento. Era indecisa se andare, poi è stata felice. Un’inaspettata gioia per la scelta compiuta. Un grande amore per la sua terra e i suoi abitanti.
(www.libreriadelledonne.it, 14 settembre 2021)