Sabato 23 gennaio – 25 febbraio 2016 ore 18,30
La quarta vetrina
Artiste contemporanee raccontano la loro relazione con l’arte, i libri, le donne, i pensieri.
A cura di Francesca Pasini.
Prosegue il ciclo con Concetta Modica, Quel che resta.
Dopo l’inaugurazione, l’incontro con l’artista e la curatrice. Cena della cucina di Estia (la conferma è gradita).
Sarà in vendita la stampa (1/10), realizzata dall’artista per La Quarta Vetrina.
Da una vetrina all’altra, siamo alla terza, nasce un’antologia di visioni. La sinergia tra parole e immagini diventa fluida e, tra l’interno e l’esterno della vetrina e di chi partecipa, il filo delle suggestioni si disfa e si riannoda.
E’ il caso di Concetta Modica che realizza un’opera col filo di lana, rimasto da opere precedenti. Nel 2001, da poco arrivata a Milano dalla Sicilia, alla Gamec di Bergamo, con i fili della coperta della nonna, che aveva disfatto, crea un paesaggio astratto, multicolore, nel quale si poteva entrare. Fili che ha poi usato per altre opere, alcune in collaborazione con altri artisti. Pensava di aver chiuso quel ciclo. “No, non è ancora finito”.
I molti fili che ha “visto” collegare parole e pensieri negli incontri in Libreria, le hanno fatto scegliere di usare Quel che resta per la vetrina e il dialogo che verrà. Così ha ricamato su un lenzuolo i segni che normalmente si fanno per contare, ad esempio i voti, quattro linee orizzontali e una verticale e si ottiene un insieme di cinque per un conteggio tempestivo. Ma è anche segno del tempo che passa.
L’immagine è aperta e molto attraente. Gli spunti di lettura sono tantissimi. La cultura artigianale. Il rapporto con il materno (la nonna) e il desiderio di promuoverlo tra donne uomini. Il dubbio di non poter mai dire quando l’opera è conclusa. Il dialogo come sistema di fili da disfare, per allentare i nodi, sciogliere i punti non scorrevoli e avere ancora altro filo da tessere.
A quest’opera, posta sul fronte della vetrina, Concetta Modica aggiunge sul retro, dove il fili pendono dal ricamo in un intrico “naturale”, una scultura composita. Di nuovo il nodo è Quel che resta, dal passato o da altrove, come la mano in gesso trovata da un marmista, che impugna il trespolo su cui sono appoggiati tre suoi libri di foglie. Sono foglie cadute, che trova e conserva tra le pagine, colorando i tratti mancanti, gli sgretolamenti. Ritesse le loro vita e le sposta nei libri: i nostri compagni di viaggio dal passato al presente. Alla base del trespolo, in un sasso spaccato a metà ha premuto altri fili colorati. Saranno gli ultimi? Probabilmente, ma altri ne verranno lavorati e disfatti, durante il dialogo dell’inaugurazione. E non è questo il lavoro che la Libreria delle donne di Milano compie da oltre quarant’anni?
Concetta Modica, “Quel che resta”, 2016