di Tania Marinoni
Negli spazi dell’associazione Apriti cielo, in un cortile della vecchia Milano, Libera Mazzoleni ha presentato venerdì pomeriggio, dopo essersi esibita nella performance “L’ombra della differenza”, il suo libro illustrato “Lilith & la nonna”.
Apriti cielo è una realtà propositiva di dieci donne, animate da una grande voglia di fare, che sfocia in una serie di attività condivise con chiunque desideri avvicinarsi a questo progetto. Dall’arte figurativa ai laboratori teatrali, a quelli di scrittura e di poesia, dai corsi di informazione e formazione, ai gruppi di discussione: diverse ed eterogenee sono le forme espressive e di interscambio culturale proposte dall’associazione, come le occasioni di confronto sulle tematiche che pongono al centro dell’attenzione l’universo femminile.
“L’uomo è misura di tutte le cose”. La voce di Riccardo Longoni declama la celebre tesi di Protagora, filosofo itinerante dell’antica Grecia, che sosteneva l’importanza della soggettività nella percezione della realtà. Ha inizio così, con questa interpretazione, la performance che con gesti solenni e intrisi di significati rappresenta la dimensione corale del movimento femminista.
“L’uomo è misura di tutte le cose”. La massima viene declamata nuovamente con enfasi crescente, divenendo protagonista assoluta dello spazio e rivelando così il significato assunto attraverso i secoli: benché infatti in età antica il termine uomo indicasse l’intero genere umano, per troppo tempo nella nostra società ha sotteso solamente gli individui maschili.
Mentre risuona la massima del filosofo, la figura di Libera Mazzoleni si staglia contro il quadrato non completamente inscritto nel cerchio, che l’artista aveva poco prima tracciato con vernice nera su un telo bianco. E’ una dinamica citazione dell’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci, quella inscenata davanti ad un pubblico di quasi sole donne, ma che qui rimanda alla sopraffazione avvenuta per secoli ai danni dell’universo femminile, e l’equilibro cui si allude, con il gioco geometrico assume una valenza del tutto negativa. L’uomo, inteso come soggetto maschile, è stato ed è tuttora al centro e a capo della nostra società di stampo patriarcale, oggi dominata dalla potenza tecnologica distruttrice e da quella logica numerica che è la finanza.
La performance, così carica di pathos, coinvolge poi il pubblico femminile, che dà voce ai versi più toccanti della poesia “Credo di una donna”, composta nel 1996 da Robin Morgan, femminista statunitense, impegnata fin da giovane a favore dei diritti delle donne e delle classi più deboli.
Ma le donne raggiungono nell’opera di Libera Mazzoleni, come nella società, una dimensione collettiva, che viene abilmente rappresentata con la raffigurazione, ad opera dell’artista, delle loro ombre generate sul telo bianco.
I movimenti femministi appartengono ormai al passato e al mito, e chi vi ha aderito constata oggi con amarezza che i risultati raggiunti si discostano, purtroppo, da quelli sperati. E’ in questa fase storica contemporanea che viene ambientato il libro scritto dall’artista e presentato venerdì al termine della performance. “Lilith & la nonna”, precisa l’autrice, è un lavoro iniziato nel lontano 2008, poi lasciato riposare, come a volte accade in campo artistico, quindi ripreso e infine concluso. E’ un libro incentrato sul movimento femminista letto dagli occhi di una ragazzina, Lilith, che, molto curiosa e vivace, mentre è in vacanza con la nonna, trova in un vecchio baule manifesti e fotografie relativi a quel periodo. E’ questo l’inizio di una percorso di conoscenza e di impegno sociale per la piccola, di un momento di speranza per la nonna e di un’occasione di riflessione, per tutti, sulla condizione femminile nella storia e ai giorni nostri.
Come illustrano le parole introduttive di Graziella Longoni, “Prende avvio così il racconto che richiama alla memoria la straordinaria esperienza corale di molte donne determinate a denunciare la violenza del patriarcato e ad affermare una specifica soggettività femminile, portatrice di una differenza ontologica e culturale da declinare non più come subalternità, ma come valore e diritto alla libera autodeterminazione di sé”.
Lilith, affascinata e incuriosita, interroga la nonna e le sue amiche sulla complessa tematica e, quando viene invitata a ritirarsi nei suoi spazi per svolgere i consueti compiti, si chiude con il cane Moka nella biblioteca della nonna a studiare la storia dei movimenti emancipativi femminili. Il coinvolgimento nella lettura è così grande che quando la bimba si addormenta sogna di compiere un viaggio nella storia delle violenze subite dalla donna attraverso i secoli: in campo politico-religioso con le inquisizioni, in ambito culturale con l’attribuzione della colpa nella cacciata dal Paradiso terrestre e ai giorni nostri con la violenza perpetrata sul corpo femminile, sia nell’imposizione del burqa orientale, sia nella morbosa esibizione occidentale.
Il sogno appena concluso rappresenta per la fanciulla il culmine di un iter formativo molto importante: dopo le letture nella biblioteca della nonna e le visioni oniriche le è finalmente chiaro tutto ciò che prima non poteva capire e adesso Lilith può impegnarsi attivamente per i diritti delle donne. Appena sveglia, infatti, la ragazzina torna dalla nonna e dalle sue amiche, reggendo tra le mani un cartello con quello slogan così emblematico e per lei in precedenza del tutto incomprensibile: “Io sono mia”.
La rivoluzione femminista non termina oggi, perché solo apparentemente le donne hanno raggiunto quell’emancipazione per cui intere generazioni hanno lottato. La strada è ancora lunga, ma la speranza è nelle figure come Lilith, che al termine del suo sogno e del suo percorso di crescita, testimonia alla nonna e alle sue amiche la sua determinazione nel proseguire autonomamente il cammino tracciato da loro.
Libera Mazzoleni è un’artista eclettica, formatasi ai tempi dei movimenti studenteschi. Non ha partecipato attivamente a quelli femministi, ma sull’argomento si è a lungo documentata facendo proprie le istanze del movimento. Ha sviluppato nel tempo verso questi temi una grande sensibilità, che è estremamente visibile in tutta la sua carriera compositiva e risulta fondamentale nel suo percepirsi come donna nella dimensione dell’arte. Libera Mazzoleni si esprime inizialmente attraverso la scultura e in un secondo momento si dedica alla performance, ma nella raffigurazione non si è mai cimentata.
In “Lilith & la nonna” invece a narrare sono proprio le figure, che acquisiscono maggiore definizione man mano che il lavoro progredisce in questa esperienza che per l’artista rappresenta un vero e proprio percorso di apprendimento. E dietro la raffigurazione, dichiara Libera Mazzoleni, si nasconde sempre un cammino compiuto dall’autore che, come sosteneva Hannah Arendt, non è mai visibile. Il processo è percepibile in altre forme espressive, risulta chiaro nella danza oppure nel canto, ma nell’arte figurativa, invece, ciò che appare è solo il risultato finale.