di Arianna Di Genova
Presentata l’edizione 53 dell’Esposizione internazionale d’arte di Venezia, a cura dello svedese Daniel Birnbaum. Nuove strutture e un padiglione Italia con venti «ospiti»
Lo svedese Daniel Birnbaum, dopo essersi inoltrato avventurosamente negli spazi siderali intorno a Saturno (alla Triennale di Torino del novembre scorso), con tutto l’apparato di malinconia che necessariamente ne è conseguito, per la 53/ma edizione della Biennale di arti visive ha deciso di tornare sulla terra e poggiare i piedi su un solido pavimento. Una rentrée accompagnata da una ambiziosa promessa che enuncia, senza reticenze e fin dal titolo della sua mostra curatoriale, quel Fare mondi che si snoda fra Corderie, Arsenale e parte del nuovo Palazzo delle Esposizioni.
L’indagine che il più giovane direttore dell’Esposizione internazionale d’arte (Stoccolma, classe 1963) si appresta a concludere, presentandola al giudizio del pubblico a partire dal 6 giugno prossimo (fino al 22 novembre), polverizza qualsiasi sguardo di tendenza e fruga tra le pieghe di una tecnica antica come la pittura. Pittura tout court, installativa, riconsegnata attraverso la fotografia (come in alcuni scatti astratti e di luce del tedesco Tillmans) o citazione di esperienze anni Settanta (il francese Philippe Parreno che si ispira alle «silenziose» tele di Rauschenberg). L’unica certezza che si può avere prima ancora di visitare la sua mostra alla Biennale, è che Birnbaum odia le mostre «urlate», sembra lontano anni luce dal sensazionalismo e conduce una sua ricerca su un’arte che non teme l’horror vacui, spesso è astratta e abbraccia gli ambienti con strutture architettoniche pensate ad hoc per disorientare lo spettatore ma non per sconvolgerlo. Il curatore ci tiene così tanto a far «vivere» un’esperienza estetica full immersion da affidare il design degli spazi del bar e della ristorazione (nuovi) ad alcuni artisti da lui invitati: Massimo Bartolini, Tobias Rehberger e Rirkrit Tiravanija.
Dall’India alla Cina fino ai paesi nordici passando anche per numerosi artisti italiani come Grazia Toderi, Simone Berti, Lara Favaretto, maestri quali Michelangelo Pistoletto e il brasiliano Cildo Meireles o la nippo-americana Yoko Ono (Leone d’oro alla carriera insieme a John Baldessarri; la giuria internazionale della kermesse sarà presieduta da Angela Vettese) fino all’architetto e urbanista visionario Yona Friedman più che ottuagenario, Birnbaum seguirà la sua particolare costellazione critica, quel susseguirsi di generazioni storiche e più giovani per esplorare non tanto una linea tematica quando il «processo creativo in sé». Non un percorso puntellato da capolavori ma una serie di tappe dal valore esperienziale.
La Biennale numero 53, intanto si espande. Anche nel costo del biglietto che aumenta da 15 a 18 euro. Settantasette i paesi invitati, tra cui per la prima volta insieme Israele e Iran. E alcuni cambiamenti alle strutture che, come sostiene il presidente Paolo Baratta, «potranno dilatare orizzonti futuri e prospettive». Con un costo della macchina espositiva che si aggira sui nove milioni di euro (cataloghi pubblicati da Silvana), cui vanno aggiunte le spese generali e in attesa di un contributo di circa due milioni di euro che i tagli furiosi alla cultura quasi certamente vanificheranno, il fiore all’occhiello dell’edizione 2009 restano soprattutto alcune novità architettoniche e simboliche: una trasformazione dell’edificio ex padiglione Italia in Palazzo delle Esposizioni vero e proprio ai Giardini che verrà dato in concessione dal comune in via continuativa così da permettere una serie di attività permanenti e di allestire una sede per l’Asac, l’archivio documentale e biblioteca che riaprirà dopo dieci anni; un previsto ponticello che agevolerà il tour fra Arsenale e Giardini; e un rinnovato spazio per la creatività «made in Italy». Come lo scorso anno, si affaccerà sul giardino delle Vergini ma potrà contare su quasi 1000 mq in più: il suo «restyling» ha richiesto un investimento complessivo di circa 850mila euro, di cui 600mila provenienti dalla direzione generale del ministero per i beni culturali, la Parc.
Qui potranno mostrare i loro Collaudi – questo il titolo della mostra – i due curatori italiani scelti direttamente dal ministro Sandro Bondi, Luca Beatrice e Beatrice Buscaroli, già ribattezzati B&B. Sotto l’egida di un omaggio a Marinetti, gli ospiti del padiglione che parteciperanno con opere site specific rappresentano una «truppa» piuttosto folta che vede Sandro Chia («una delle ragioni per cui ho scelto di fare questo mestiere», confessa Luca Beatrice) marciare insieme, fra gli altri, ai Masbedo (loro chiamano in campo anche i Marlene Kuntz mentre Valerio Berruti affida la sua colonna sonora a Paolo Conte), a Matteo Basilè, Sissi, Montesano, Pignatelli, Lodola, Galliano, Cingolani e Sighicelli. Perché il richiamo a Marinetti? «Perché il futurismo è stata l’unica avanguadia europea», chiosa l’altra curatrice del padiglione, Beatrice Buscaroli. Con buona pace dei cugini dadaisti, cubisti e surrealisti, tanto per riportarne alla memoria qualcuno…
Ultimo sguardo sugli altri padiglioni nazionali. Alcuni promettono molto. Dall’America con Bruce Nauman al Messico di Teresa Margolles fino alla Gran Bretagna (Steve McQuenn), passando per Cuba (Carlos Garaicoa) e l’Olanda (Fiona Tan)