di redazione Ohga!
Shamsia Hassani è la prima street artist e attivista donna a colorare gli edifici distrutti dai bombardamenti della sua città in Afghanistan. Per le strade di Kabul ha dipinto donne con gli occhi chiusi e senza bocca, ma che continuano, in una società patriarcale che non dà loro una voce, a rincorrere i propri sogni.
Shamsia Hassani, la prima street artist donna afgana, ha deciso di portare la sua arte per le strade di Kabul. Le sue protagoniste sono le donne dell’Afghanistan, ritratte tutte con gli occhi chiusi e senza bocca ma che continuano, in una società patriarcale che non dà loro una voce, a rincorrere i propri sogni.
Shamsia, figlia di rifugiati afgani, è nata in Iran trentatre anni fa e solo nel 2005 ha fatto ritorno nella sua terra. In Afghanistan ha frequentato l’università di belle arti di Kabul, dove adesso detiene la cattedra di scultura. Da sempre affascinata dalla pittura e dal disegno come mezzo di espressione, ha iniziato a sperimentare con i graffiti solo nel 2010. «Voglio usare un muro come tela perché solo così posso condividere il mio lavoro con le persone e introdurli all’arte» – commenta Shamsia in un’intervista per Vice – «perché la maggior parte di loro non ha la possibilità di andare in musei o gallerie».
Le donne di Shamsia vengono ritratte nei loro abiti tradizionali con gli occhi chiusi e senza bocca ma con degli strumenti musicali tra le mani, l’unico modo per poter far sentire ciò che provano. Attraverso loro, l’artista racconta ciò che accade in Afghanistan, spesso sotto gli occhi giudicanti di uomini che non approvano o non capiscono cosa stia facendo. Quasi come in un presagio, poco prima della conquista di Kabul da parte dei Talebani, Shamsia aveva dipinto una donna con un piano tra le braccia, il volto chino e un muro di uomini vestiti di nero dietro di sé. Con il ritorno dei Talebani nel paese, le donne potrebbero perdere quei pochi diritti acquisiti durante gli ultimi vent’anni, come studiare, lavorare o uscire senza dover essere accompagnate da un tutore maschio. Shamsia, in quanto artista, insegnante e donna, ha pensato di dover cancellare le sue tracce anche dai social ma le sue opere, condivise da migliaia di utenti in tutto il mondo, sono diventate virali. Così ha deciso con coraggio di continuare a postarle anche durante i giorni della caduta di Kabul.
Una donna in ginocchio, una intenta a suonare una chitarra e un’altra ancora su uno sfondo macchiato di sangue e poi, infine, una donna che stringe tra le mani la vista da una finestra. Forse è così che Shamsia vuole conservare il ricordo di casa sua che ha dovuto abbandonare per mettersi in salvo. «Carissimi, grazie per i messaggi e per aver pensato a me in questo momento» – scrive in uno dei suoi ultimi post su Instagram – «I vostri messaggi e commenti mostrano che l’umanità e la gentilezza sono ancora vive e non hanno confini. Grazie per il vostro supporto e la vostra preoccupazione, sono al sicuro».
Nascosta chissà dove, grazie ai social, Shamsia continua a raccontare le donne e quella società che le vuole sottomesse nella speranza che possa tornare presto a colorare le macerie della sua città dal vivo. «Voglio colorare i brutti ricordi della guerra e se coloro questi brutti ricordi, allora cancello la guerra dalla mente delle persone» – aveva commentato l’artista in un’intervista per Art Radar nel 2013 – «Forse posso rendere famoso l’Afghanistan per la sua arte, non per la sua guerra».
(Ohga!, www.ohga.it, 2 settembre 2021)