18 Giugno 2006
il manifesto

Ursula Ferrara, un’animazione espressionista

 

Omaggio pesarese all’artista che disegna e filma, narrando storie della nostra società
Silvia Veroli – Pesaro

I film animati di Ursula Ferrara, già disegnatrice di fumetti porno, lo sono perché lei, da vent’anni, oltre a scriverli, disegnarli e filmarli, ci mette l’anima e la materia. Li produce letteralmente perché sono lavori indipendenti, ma anche perché li fabbrica sporcandosi le mani. L’artista artigiana fiorentina ha esordito a Bellaria nell’86 vincendo quell’edizione e quella dell’88; la Settimana della critica dell’ultimo Festival di Cannes ha voluto il suo News, e Pesaro, in un ufficioso anticipo di Mostra del Nuovo Cinema 2006, gli ha dedicato una retrospettiva filmica completa, accompagnata da una mostra di quadri, ospitati allo 0.75 di Palazzo Gradari.
Alla rassegna pesarese Ursula è arrivata come avrebbe fatto Mary Poppins, al primo cambio di vento e con una magica valigia dell’attore da cui ha tirato fuori oltre ai bozzetti e ai lucidi dei suoi lavori (a svelare come è che funziona l’alchimia che da un semplice tratto di matita grassa porta a un film) certi libriccioli didattici di sua invenzione per provare a fabbricare storyboard animate, a beneficio dei ragazzi dell’Istituto d’arte di Urbino presenti in sala.
I film animati di Ursula Ferrara durano una manciata di minuti l’uno, richiedono ventiquattro tavole per ogni secondo di girato, e, nei venti anni di produzione hanno visto una disciplinata evoluzione di tecniche e stili, condotta con costanza e coerenza rispettosamente a tempo con lo scorrere delle stagioni emotive dell’autrice.
La nascita della figlia ha accelerato, oltre la vita vera, il ritmo dell’azione cinematografica e ha reso il segno più impressionista: è evidente in Come persone allegro e frenetico travelling teso all’infinito e scandito dalle note di Recuordos de Alhambra. Col tempo le tavole si sono fatte più grandi, i pennarelli sui lucidi (un incanto quelli Folli del film d’esordio, tutto una capriola di corpi avvinghiati) hanno lasciato il posto alle matite su acetato.
Nel ’97, con Quasi niente, le ombreggiature morbide del bianco nero si sono accese di tutti i colori della tavolozza. Col disegno e il montaggio è cambiata la musica, elemento preziosissimo in questi film: all’inizio erano le note perfette prese in prestito a Brassen o Jim Morrison, poi sono diventate la colonna sonora del quotidiano, la musica familiare di sbadigli, sgocciolii di rubinetti, brontolii da macchinetta del caffè, riprodotta dalla stessa Ursula Ferrara che, se decidesse, malauguratamente, di abbandonare l’arte visiva, avrebbe pronta una brillante carriera da rumorista.
C’è un filo rosso che lega i film, pure a volte tanto diversi tra loro, ed è un eterno femmineo fertile e consolatorio da cui tutte le storie cominciano e dove spesso approdano. In Cinque stanze, Amore asimmetrico (una ghirlanda di citazioni pittoriche: Escher, Picasso, Chagall…) e persino nel verdissimo Partita (che sarebbe un’ottima sigla per Germania 2006) le donne la fanno da padrone con topless da ballerine cretesi, grandi occhi bizantini, abbracci di gambe aperte, parti di uova fatali, chiome come maree, accoppiamenti giudiziosi e gioiose suzioni di tutte le parti di corpi felici.
Una certa innocente corporeità si ritrova anche nell’ultimo film, presentato a Cannes, il più drammatico e lacerato di quelli di Ursula Ferrara. News è una rassegna stampa internazionale di notizie fastidiose, un tg animato fatto dalla giustapposizione di ritagli di giornale, disegni, olii, polaroid, frammenti di gusci d’uovo, scampoli di stoffa, così spietato e onesto che andrebbe fatto vedere ai bambini.
Si parla di infibulazione, foreste pluviali, prostituzione, obesità, banca mondiale, fame, malasanità, in pochi istanti centrifugati e, miracolosamente, si riesce a capire tutto.

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