il manifesto
- 22 luglio 2001
Cronaca
di una trappola
Luana Zanella, deputata Verde, racconta: nessun contatto
possibile con le forze dell'ordine. Il vice di De Gennaro ammette lo scacco
IDA DOMINIJANNI -
GENOVA
"Oggi
bisognerebbe riuscire a significare in qualche modo il lutto. E a rimettere
in campo una pratica politica non militare". E' sabato mattina e con Luana
Zanella commentiamo i fatti di venerdì, in attesa di avviarci al corteo
delle 14. Dove la pratica militare si ripeterà invece uguale e puntuale.
Sul giorno prima Luana è la testimone giusta. Deputata Verde, ex assessora
del comune di Venezia, origini nel movimento ambientalista e nel femminismo
della differenza, protagonista della stagione del dialogo fra la giunta
Cacciari e i centri sociali del nord-est, Zanella ha una familiarità sperimentata
con le Tute Bianche. E' arrivata a Genova in treno con loro, come esponente
dell'osservatorio di parlamentari per il rispetto dei diritti dei manifestanti.
Venerdì faceva parte (con Bettin e Caccia del comune di Venezia, Casarini,
Don Vitaliano, i Verdi Cento, De Petris, Boco, Bulgarelli, e Mantovani del
Prc) del "gruppo di contatto" che doveva aprire il corteo delle Tute Bianche
e scortarlo nel contatto con le forze dell'ordine a guardia della "linea
rossa". Ma il contatto, stavolta, non ha avuto ragione dello scontro.Che
cosa non ha funzionato?
Tutto
è cominciato con l'incursione nel corteo dei primi Black Block, che sono
stati fermati e disarmati non dai poliziotti ma dalle Tute Bianche. Gli
agenti della Digos ci hanno chiesto di fermarci per controllare la penetrazione
degli anarchici, ma non era vero: stavano bloccando il corteo, è partita
la prima carica. Loredana De Petris e io abbiamo parlato con alcuni agenti
della Digos che conosco, suggerendo che bisognava far ricomporre il corteo
e lasciarlo avanzare fino alla linea rossa com'era stato concordato dal
Gsf. Ci hanno risposto che se il corteo fosse arrivato alla rete della
zona rossa, le forze dell'ordine non avrebbero potuto "gestire l'attacco"
di 15.000 persone. Ma non c'era nessun attacco da gestire: c'era da concordare
un segnale simbolico per le Tute bianche, bastavano cinque centimetri
di zona rossa... ma non è stato possibile contrattare nulla. L'ordine,
evidentemente, era di impedire alle Tute bianche di avvicinarsi, attaccandole
prima. Piazza Brignole (zona gialla) era in pieno assetto di guerra. Nel
frattempo il corteo era ormai fuori controllo per le stesse Tute Bianche...
In
serata siete andate in questura a sindacare sui fermi che impazzavano.
Lì il "contatto" è andato meglio?
No:
abbiamo aspettato un'ora per essere ricevute dal questore. Abbiamo parlato
con Andreassi, il vice di De Gennaro. Era scosso, ci ha detto che in 30
anni non gli era mai capitata una situazione del genere, ha ammesso che
le forze dell'ordine non sono state in grado di gestirla. Paragonava l'uccisione
di Carlo Giuliani a quella di Giorgiana Masi, diceva che ci sono trasformazioni
nella società che le forze dell'ordine non sanno leggere.
Il
movimento esce sconfitto da venerdì?
Sconfitta,
vittoria... qual è il metro? Dato quel teatro di guerra, non poteva che
succedere quello che è successo. Invece Genova doveva essere un'arena
di confronto fra pratiche diverse. E il Gsf era stato capace di coinvolgere
media e istituzioni. La verità è che è stata tesa una grande trappola
a un movimento sostanzialmente pacifico.
Che
però, io penso, da un lato si è fidato troppo del negoziato con le istituzioni,
dall'altro non è stato capace di sottrarsi al teatro di guerra. Forse
bisognava mancare la "linea rossa" invece che affrontarla frontalmente.
Penso
anch'io. Però la pratica delle Tute Bianche gioca proprio sulla rappresentazione
di uno scontro che in realtà non si fa, sulla conquista alla disobbedienza
civile delle tentazioni violente... perché non consentirla?
Ma
sempre di rappresentazione dello scontro si tratta. Non è il momento di
rilanciare la critica femminile di questa politica guerreggiata?
Sì,
tanto più che a Genova sono state aggrediti anche Lilliput e altri gruppi
di donne. Genova mi ha riportato a Sarajevo e a Belgrado...
Lunedì
torni in parlamento. Che lezioni per l'Ulivo?
Sinistra
riformista e Margherita devono capire che questo movimento non lo si può
lasciare solo. Oggi dovevano venire qui in massa, altro che tirarsi fuori
"perché la piazza è diventata impraticabile".
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