il manifesto
- 23 luglio 2001
Berlusconi:
"Il Gsf? colluso con i violenti"
Il presidente del consiglio chiude il G8 e ignora le
violenze della polizia
IDA DOMINIJANNI -
GENOVA
Vergogna,
vergogna, gli grideranno i consiglieri comunali di Rifondazione al suo
arrivo dal sindaco a palazzo Tursi. E sì che non hanno ascoltato la conferenza
stampa con cui Berlusconi ha appena concluso i lavori del G8. Vergognosa,
appunto. O ridicola. Una commedia dell'ipocrisia in cui il premier ha
recitato senza credibilità e senza dignità il seguente copione: il vertice
è stato un gran successo, colpa dei media se s'è parlato solo delle violenze
di piazza, sulla gestione dell'ordine pubblico il capo del governo non
ha niente da dichiarare perché "non ci sono state falle importanti" e
comunque lui ne sa poco, sono affari del ministro dell'interno e soprattutto
dei governi dell'Ulivo che avevano già deciso tutto. La morte di Carlo
Giuliani? Si merita solo un inciso di passaggio, "ci rattrista, oltre
al lutto che voi conoscete, che un carabiniere rischi di perdere un occhio".
Ma stavolta il media-man non regge la parte: mente e si vede, e la freddezza
ostentata non fa che confermare il suo spiazzamento per il giocattolo
che gli si è clamorosamente rotto fra le mani.
Dunque il premier comincia prendendosela con i suoi amati e blanditi media.
E' un vero peccato, dice, che all'opinione pubblica mondiale sia arrivato
solo il messaggio degli scontri di piazza. Perché il G8 "ha lavorato nell'interesse
del mondo": per la prima volta ha dialogato con i contestatori, i sindacati,
gli imprenditori, il mondo cattolico; ha lanciato "un messaggio preciso
di lotta alla povertà". Aggiunge il presidente che lui personalmente è
"soddisfatto, felice, sorpreso" per aver visto "seduti allo stesso tavolo
rappresentanti di Usa e Giappone 60 anni dopo Pearl Harbour, rappresentanti
inglesi e francesi con la Germania, rappresentanti statunitensi e russi",
e dio solo sa che cosa ci sia di nuovo e di sorprendente, se non qualche
imperscrutabile filo di quella passione del nostro per la storia contemporanea,
che gli fa ossessivamente ripetere anche qui a Genova che grazie al cielo
è finito il comunismo, perché "solo il libero mercato produce democrazia".
E nell'era del libero mercato, qualche preoccupazione per l'economia c'è
- viene dall'Argentina, dalla Turchia, dalla frenata in corso negli Usa
e in Giappone, "dallo sviluppo non esaltante della zona euro" - ma non
scalfisce l'ottimismo. Del resto il futuro del G8 è garantito, la prossima
volta non ci sarà bisogno di blindarlo in una città desertificata, si
terrà in una località irraggiungibile vicino alla Montagne rocciose, come
ha già assicurato il presidente del consiglio canadese, di cui Berlusconi
stenta a ricordare il nome.
Passiamo ai fatti di casa nostra: quella piccola contraddizione per cui
un G8 tanto buonista e "aperto alla società civile" ha visto uno scatenamento
della violenza di stato sui manifestanti e una violazione da regime di
diritti fondamentali, e si è svolto in una città da cui la società civile
era stata semplicemente cassata. Berlusconi in verità glisserebbe volentieri
sul tema, se non per dire come gli dispiace che "quanti erano venuti qui
per manifestare pacificamente ne siano stati impediti da elementi dediti
professionalmente alla violenza che si sono mischiati con loro", e per
rammaricarsi di non averci potuto ospitare tutti, giornalisti compresi,
in amene località turistiche come Portofino. Ma gli tocca rispondere a
qualche impertinente domanda sugli scontri e sulla gestione dell'ordine
pubblico.
E qui altro che intrusione dei violenti fra i contestatori pacifici. Del
blitz di sabato notte sul Gsf lui sa poco o nulla - era a cena
con gli altri leader, nessuno l'ha avvertito, ha saputo "dell'operazione"
solo domenica mattina per telefono e "non in dettaglio" - ma a quel che
gli ha detto Scajola "non c'era una distinzione fra coloro che hanno operato
la guerriglia e gli esponenti del Gsf, che anzi avrebbero favorito
e coperto questa presenza di 60 violenti con la loro connivenza". La strategia
dell'ordine pubblico, ovvero quella demenziale decisione di affrontare,
come in Vietnam, la "guerriglia" con attacchi massicci e frontali concentrati?
"Non ci sono state falle". I 15 o 20 mila uomini schierati per militarizzare
la città? "Il dispiegamento delle forze dell'ordine era quello previsto
dal precedente governo, la gestione è stata affidata ai responsabili delle
forze dell'ordine nominati dal precedente governo" (ma i vertici dei servizi,
chiarirà il portavoce Bonaiuti, non saranno toccati, "per la semplice
ragione che la questione delle responsabilità non esiste").
Il centrosinistra è servito: "Non abbiamo avuto il tempo né il modo di
cambiare il progetto di sicurezza che era stato preparato". La scelta
di Genova la rifarebbe, Berlusconi? "Indietro non si può tornare, ma probabilmente
se ne poteva fare un'altra". I duri non si potevano isolare? "Ne abbiamo
espulsi o fermati 2000 alle frontiere". Amen. Il presidente non si sente
ancora Gesù Cristo, come risponde a chi lo interroga sui contenuti dell'ultima
cena con i Grandi, ma sa quello che fa ed è certo che gli italiani apprezzeranno.
|