il manifesto
- 25 luglio 2001
Beautiful s'è interrotta
Massimo
Cacciari su Genova e dopo: due giorni di insipienza, un attacco cileno,
la malafede di Scajola. Il movimento può crescere, se lavora sulla sua
trasversalità e se non trova sbarrata la strada del dialogo con le istituzioni
e con il centrosinistra
IDA DOMINIJANNI - ROMA
Massimo Cacciari
è appena rientrato a casa dopo aver partecipato alla manifestazione che
ieri si è svolta a Venezia come in altre città. E' andata molto bene, dice,
"il clima era molto maturo e anche molto sereno, nei limiti del possibile".
Non è stato a Genova, ma gli elementi per valutare quello che è successo
non gli mancano: di tutte le personalità eminenti del centrosinistra, l'ex
sindaco di Venezia è l'unico che possa rivendicare, in forza della collaborazione
che lui personalmente e la sua giunta hanno costruito con i centri sociali
del Nord-est, una conoscenza diretta del movimento che a Genova si è dispiegato
spiazzando, a sinistra, i più.
Come
valuti quello che è successo?
Non
ho elementi di presa diretta per un'analisi "dietrologica" compiuta. Un'idea
però me la sono fatta, ed è quella di una inaudita e colpevole insipienza
politica e organizzativa nella gestione della situazione. Con ogni evidenza,
polizia e carabinieri avevano ricevuto un unico ordine: tenere lontano
comunque e con ogni mezzo i cortei dalla zona rossa. Il resto, cioè la
sicurezza sia della città sia dei manifestanti, non contava: ragion per
cui le forze dell'ordine non sono intervenute in giro per la città, ma
solo quando i cortei si stavano avvicinando al centro. A Berlusconi del
resto interessava solo il set di Beautiful: ed era terrorizzato che qualcuno
glielo rovinasse, che qualcuno, se i cortei arrivavano lì, potesse sfondarlo
anche di mezzo centimetro. Il che dimostra non solo una grande irresponsabilità
politica, ma anche l'insipienza totale di qualunque dinamica di movimento.
Se tracci un confine blindato come quello che è stato tracciato attorno
alla zona rossa, è evidente che per il movimento la posta in gioco diventa
quella che non era mai stata, né a Seattle né a Praga né altrove. E d'altra
parte, quando allestisci il grande fratello poi devi trasmettere il grande
fratello, qualunque cosa accada intorno.
E
l'incursione nella scuola Diaz? Anche lì c'è stata solo insipienza?
Quello
è stato un blitz cileno. Il giorno prima era mancata qualunque direzione
politica, la notte del blitz al cpontrario c'è stato un input politico
preciso, chiaro come il sole, del ministro degli interni: dimostrare la
connivenza fra il Genoa social forum e gli anarchici. Nel primo atto s'era
dimostrata l'incapacità di affrontare l'emergenza imprevista dalla sceneggiatura
della soap opera. Nel secondo atto bisognava trovare il modo di giustificare
quello che era accaduto nel primo, un inedito assoluto e senza precedenti.
Il teorema da dimostrare era quello poi esplicitato da Berlusconi: "non
c'è distinzione fra tute bianche e tute nere".
Genova
ha tutta l'aria di essere quello che si dice un evento periodizzante.
Che cosa cambia dopo Genova, sulla scena della politica?
Dipende
dall'opposizione. Sul lato del governo, c'è una dimostrazione patente
di incapacità e di malafede: il discorso di Scajola alla camera, con quella
insistenza sulla tesi della connivenza fra Gsf e "violenti", rivela una
schifosa mancanza di senso del pudore. A fronte, peraltro, di giornali
e tv per una volta non tutti asserviti alla versione ufficiale dei fatti.
Dipende
dall'opposizione, dici. Che prova di sé ha dato l'opposizione, lunedì
alla camera?
Tutto
sommato, abbastanza buona. Comunque, ha fatto un passo avanti rispetto
alle oscillazioni della vigilia, quando tutto, soprattutto fra i Ds, si
era svolto all'insegna delle solite beghe di congresso e di corrente -
Rutelli a mio avviso ne era uscito meglio, con l'intervista a Repubblica.
Ma oltre questa prima prova, ora più che mai, dopo Genova, il centrosinistra
deve trovare un suo ubi consistam.
Lo
troverà? In parlamento si sentiva uno jato enorme fra i fatti e la loro
percezione sulla scena della rappresentanza...
Personalmente
sono più ottimista di qualche tempo fa: comincio a nutrire qualche tenue
speranza sulla riorganizzazione dell'opposizione. La prospettiva dell'Ulivo
come federazione dei nuclei del centrosinistra si sta affermando. La Margherita
è fatta, verrà fuori. Il vero problema sono i Ds. Perché quello che sta
accadendo in questi giorni è l'ultimo atto del processo iniziato alla
fine degli anni Ottanta: la dissoluzione delle grandi forze politiche
della prima repubblica. Che adesso coinvolge anche l'ultimo partito superstite,
i Ds. Dall'altra parte, nel centrodestra, c'è un soggetto politico nuovo,
che è Forza Italia, lo si voglia o no. I Ds e il centrosinistra devono
capire che o noi riusciamo a contrapporre a Forza Italia una novità altrettanto
rilevante, o un'intera generazione crescerà sotto la cultura e l'egemonia
di Berlusconi. O i Ds interiorizzano e sanno vivere questo tragico epilogo,
oppure, se tentano di ripristinare l'infranto, danneggeranno anche il
movimento che si sta affacciando sulla scena.
Il
movimento non si trova in una situazione facile. E' grande e promettente,
ma può farcela, senza mediazione e interlocuzione nella politica istituzionale,
e con di fronte un governo che ordina i blitz cileni?
Io
ho fiducia che possa farcela. E' un movimento molto ampio, che agita,
in modo più o meno consapevole o più o meno confuso, grandi temi dell'epoca,
in una situazione politica invertebrata. Qui c'è una differenza di fondo
col Sessantotto: allora c'erano grandi riferimenti storici, sia pure come
obiettivi polemici del movimento, oggi c'è la loro completa disarticolazione.
Il rovescio della medaglia però è che allora la situazione era più bloccata
dal punto di vista organizzativo: c'erano i partiti storici a cui fare
riferimento, o altri partiti da costruire. Oggi invece sul piano delle
forme politiche la situazione è più aperta. Il movimento può crescere
rafforzando la sua alleanza con i movimenti pacifisti estranei alla tradizione
della sinistra e con l'associazionismo cattolico. Deve lavorare sulla
sua originaria trasversalità: laici e cattolici insieme contro questa
globalizzazione. Per farlo, ci vuole molta intelligenza. Slogan come "polizia
assassina" non servono a nulla.
L'ottimismo
forse ti viene dal tuo osservatorio. In Veneto, le istituzioni locali
hanno saputo costruire una pratica di rapporto con il movimento...
Sì,
un'esperienza di cui io sono molto contento. La maturazione sul territorio
dei centri sociali del Nord-est non era scontata, è stata il frutto di
un dialogo e di una collaborazione veri fra loro e le istituzioni. Questo
dialogo è necessario se vogliamo esercitare una funzione di responsabilità
nei confronti del mondo giovanile. E la mia esperienza dimostra che questa
strada è percorribile. Che è possibile portare questo movimento su posizioni
"federaliste", di dialogo e patto reciproco. Del resto, per tornare alle
differenze col Sessantotto, questo è un movimento compiutamente post-ideologico:
non è né pre-giudiziale, né extra-parlamentare com'eravamo noi, con le
istituzioni ci parla e le sa giudicare dai fatti. Se Berlusconi avesse
lasciato per un attimo il suo set e fosse sceso in piazza, le cose sarebbero
andate diversamente a Genova. E se il centrosinistra imparerà a dialogare
con il movimento, il movimento crescerà.
Se
no?
Se
no, è evidente che corre dei pericoli. Una strada sbarrata nel rapporto
con le forze politiche e sindacali può portarlo a scelte aberranti. Ogni
movimento, grande o piccolo che sia, laddove non trova parole e dialogo
può finire in un sentimento di disperazione, che sfocia o nel disimpegno
o nella rivolta cieca.
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