il manifesto
- 29 luglio 2001
Leso
bon ton
IDA
DOMINIJANNI
C'
è la globalizzazione che piace e c'è quella che dispiace. Piace
quella coi lustrini, i soldi senza frontiere, i summit blindati. Dispiace
quella dei movimenti globali, ma anche quella della stampa straniera che
s'impiccia, dei governi europei che chiedono conto, del presidente del
Senegal che constata esterrefatto che nel suo paese certi diritti sono
più sacri che nel nostro.
Ci sono le garanzie irrinunciabili e le garanzie optional. Sono
irrinunciabili quelle a difesa dei potenti, del ceto politico corrotto
e degli imprenditori concussi, sono optional quelle a difesa dell'habeas
corpus, del diritto all'assistenza legale, del divieto di tortura
e via violando.
C'è la democrazia da sventolare e c'è la democrazia da calpestare. Si
sventola la democrazia elettorale, quella in cui chi ha vinto governa
e fa quello che vuole, chi ha perso va all'opposizione e sta zitto. Si
calpesta non solo la pretesa democratica di manifestare fuori e contro
le istituzioni, ma anche quella di controllare e contrastare il governo
dall'opposizione dentro le istituzioni. Il bipolarismo politically
correct prevede infatti una maggioranza onnipotente e una minoranza
compiacente. Se si infrange questa regola, si trasgredisce il bon ton
istituzionale: perché chi è fuori dal governo oggi è stato dentro ieri
o potrebbe esserlo domani, e dunque è bene che moderi i termini e copra
le magagne altrui che potrebbero essere le proprie. Non la pensa così
solo Silvio Berlusconi, quando sostiene l'acuta tesi per cui il centrosinistra,
avendo istruito il G8 e nominato i vertici delle forze armate, è responsabile
di quanto è accaduto a Genova sotto il governo, la direzione e la responsabilità
politica del centrodestra. La pensa un pò così anche larga parte della
stampa italiana, nonché il compagno Napolitano e il compagno Bassolino
e chissà quanti altri, tutti contrariati che il compagno ed ex-premier
D'Alema abbia resuscitato parole come "metodi fascisti" e "rappresaglia
cilena", le quali paiono le uniche calzanti a chiunque si sia fatta un'idea
di quanto è accaduto a Genova, ma al bon ton bipolar-istituzionale non
si addicono.
Sempre più spesso, in Italia, sembra perduto non il senso della politica,
ma più banalmente il senso della realtà. Al di là di tutte le intenzioni,
le previsioni, gli auspici e gli scongiuri, il fatto è che Genova si è
abbattuta sulla scena rarefatta della politica italiana con la forza di
un evento non rimuovibile e non riducibile. Lo scriviamo, sia chiaro,
senza enfasi, e con il bruciore di svariate ferite. La ferita di un omicidio.
Le ferite di corpi caricati, pestati e maltrattati. Le ferite di biografie
giovani, che cercavano il primo incontro con la sfera pubblica globale
e hanno trovato l'impatto feroce con la faccia repressiva dello stato
nazionale. Le ferite dello stato di diritto, che mai si era rivelato tanto
fragile ed estraneo al senso comune politico e istituzionale di questo
paese. Le ferite dell'opinione pubblica, che non si esprime solo nei sondaggi,
e che sarà difficile acquietare con la favola degli aggressori e degli
aggrediti che Berlusconi e i suoi cercano di confezionare contro ogni
testimonianza e ogni evidenza.
Rimuovere questa tragica realtà, che non appartiene solo a noi ma è sotto
gli occhi dell'Europa e del mondo, per ricondurla alla stanca sceneggiatura
della soap politica che va in onda da anni, è un tentativo schizofrenico
e vano. Lungi dal contribuirvi - com'è stata tentata di fare prima che
l'evidenza dei fatti e la globalizzazione dell'informazione glielo impedissero
- l'opposizione non ha che da prendere atto che dopo Genova tutto è cambiato
e tutto è in gioco: la legalità dello stato e la legittimità della politica,
il rapporto con l'opinione pubblica e il bon ton istituzionale. La strada
parlamentare è stretta e lo sappiamo. Può però essere percorsa con chiarezza
di intenti e nettezza di parole, e aprirne altre. Oppure con tattiche
incerte e contrattazioni perdenti, e finire in un vicolo cieco, nel quale
nessun governo e nessun giornale europeo ci verrà in soccorso.
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