l'Unità
- 7 dicembre 2001
"IL
BRANCO ROSA: NON IN NOSTRO NOME, PER FAVORE"
Rinalda Carati
Gentile direttore,
sono senza parole. E quindi, forse per via del nostro mestiere, oltre
della mia vita, sono qua incastrata a cercarse. Tante se ne sono dette,
delle quali ho ampie prove e documenti: eppure rischiamo di finire fuori
corso. Sui media almeno, perché nella realtà è un'altra
cosa.
Ora il "branco rosa" si presenta ufficialmente: l'occasione
in sé non è particolarmente importante, è stata preceduta
da un ottimo tam tam mediatico, durato mesi: ha raccolto adesioni più
trasversali (da Alessandra Mussolini a Livia Turco, per intenderci). Ha
avuto ieri sera a disposizione ampie platee televisive: Striscia la notizia,
il Maurizio Costanzo show (per inciso, su quest'ultimo programma osservo
che la presenza di "favorevoli e contrari", rispettata formalmente
in trasmissione, è stata praticamente resa inefficace
Non
è difficile prevedere chi risulterà convincente (e vincente)
se le obiezioni alle quali si deve rispondere sono del genere "eh
sì ma il vantaggio dato alle donne dalla bellezza dove vogliamo
metterlo", se ad alcune brave, abili e consumate comunicatrici si
contrappongono due simpatiche ragazze). Comunque, eccola qua la "lobby
delle donne"
Che piacere potersi scrollare di dosso i divieti le autocensure
parlare di potere di ambizioni di strategie senza pensare di tradire il
pensiero delle donne
" scrive oggi su Sette Donatella Borghesi.
Va bene. Le donne che stanno facendo il "branco rosa" dicono
esplicitamente cosa vogliono. Prendo atto. Faccio anche gli auguri, se
è per quello. Sinceramente. Che ogni donna possa avere quello che
desidera e che considera migliore per sé, e che per ottenerlo non
debba pagare prezzi fuor di misura.
Ma
vediamo un po', cosa vogliono e io che c'entro? Ricapitoliamo:
alcune donne (quelle riunite nel branco rosa) sanno ciò che è
bene per tutte le donne: essere nei "luoghi che contano". In
tante, non importa chi. Quindi, mi metto al lavoro perché questo
accada. A me pareva che un mucchio di cose le donne le avessero già
fatte. Comunque, accipicchia. Che faccio, ringrazio?
Uhm
qua però c'è un problema. Quello che voglio per
me non coincide in nulla con quello che vogliono Alessandra Mussolini
o Anselma Dall'Olio. Nemmeno con quello che vuole Livia Turco, direi,
anche se non ho tutti gli elementi per orientarmi. Tuttavia, a quanto
pare, io sarò rappresentata, senza avere attribuito alcun mandato,
da una lobby. E questo per il semplice fatto, innegabile e irreversibile
(neanche vorrei cambiarlo se potessi, ma questo è un altro discorso)
di essere nata donna. Mi pare strano. Anche io ho grandi ambizioni, e
non me ne vergogno: voglio costruire libertà nella mia esistenza,
voglio dire io stessa il senso della differenza sessuale, sfuggendo per
questa strada alla casualità assoluta dell'essere ciò che
sono. Voglio pensare e giudicare con la mia testa e con l'aiuto di alcune
persone (per lo più donne, ma mi importa quali, devo dire). Voglio
poter fare politica anche se non ho nessuna intenzione di essere eletta
da nessuna parte.
Perché mi deve capitare di essere affogata in altrui sogni e bisogni?
Qualcuno può fornirmi le prove che i miei valgono meno? E poi.
Sia detto senza offesa, sono certa che la differenza sessuale viene molto
prima e conta molto di più persino dell'attuale Presidente del
Consiglio.
Ma essere donna, almeno a me, non provoca come conseguenza diretta di
essere indifferente, almeno su alcune cosette. Tipo la pace e la guerra,
la formazione, il lavoro
Sarebbe davvero chieder troppo voler sapere
per quale mondo, per quale rapporto tra i sessi, per quale globalizzazione,
per quale sviluppo, per quale e quanta flessibilità
e non
continuo
queste mie autonominatesi promoter saaranno impegnate a
battersi? Mi dispiace, devo prendere a prestito dal "movimento".
Branco rosa, not in my name.
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