Attacco,
sabato 7 marzo
POSSIAMO
di Fernando Lelario del circolo La Merlettaia di Foggia
Un
altro 8 marzo, di nuovo una ricorrenza per incensare le donne, per offrire loro
mimose e buone intenzioni, ma nel frattempo la violenza maschile sulle donne e
il loro corpo non si arresta, anzi sembra acuirsi. Le televisioni, i mass media
in questi giorni parlano di milioni di donne che subiscono violenza, in alcuni
casi in luogo aperto, talvolta sotto gli occhi indifferenti di passanti, ma la
maggior parte di queste violenze avvengono in casa, all'interno di "pareti
amiche e sicure". Di questi delitti si parla prevalentemente in modo
passivo, donne che subiscono e non milioni di uomini che compiono violenza, che
si accaniscono su un corpo di donna da soli o in branco. Questi delitti che gli
uomini compiono non sono retaggio di culture arretrate, del rom o dello straniero
di turno, sono invece l'espressione del disprezzo e del desiderio ancestrale di
sopraffazione sulle donne da parte degli uomini. Queste violenze dimostrano l'antica
paura degli uomini della differenza femminile e l'incapacità di confrontarsi
con la libertà che le donne hanno iniziato a esprimere in modo prorompente
a partire dal secolo scorso. Anche le donne hanno paura degli uomini, indipendentemente
dal colore della loro pelle o dal paese di provenienza, perché sanno che
la violenza, non solo quella estrema dello stupro, si esprime quotidianamente
in tanti modi, nella derisione, nella violenza delle parole, nello sfiorare o
toccare, nell'essere considerato oggetto desiderabile e soggetto pensante insignificante.
Eppure le donne, di fronte a un gesto gentile, a piccole attenzioni, alla capacità
di vederle nella loro interezza, sono capaci di far cadere le loro riserve, sono
capaci di dare amore e confrontarsi con la differenza maschile e questo penso
sia una peculiarità intrinseca che si debba riconoscere alle donne. Noi
uomini, se la smettessimo di avere paura della loro libertà, di temere
continuamente di perderle, di non essere all'altezza, di considerarle proprietà
privata da difendere e di cui avere l'esclusiva, se riuscissimo a gioire della
loro libertà, non potremmo che avvantaggiarcene e liberarci anche noi di
tutte le nostre false paure, imparando dal loro modo di procedere per piccoli
passi concreti, dal loro saper mettere al mondo la vita, un nuovo modo di vivere
senza che necessariamente vi sia qualcuno che debba sopraffare un altro. Ne sarebbero
rivoluzionate la concezione della coppia, dell'amore, delle relazioni con gli
altri e chissà della politica! Il governo invece, di fronte a una situazione
che vuol fare apparire emergenza, e che invece purtroppo rientra nella norma,
propone ronde e aggravamenti di pene (non però per le violenze domestiche)
per gli stupratori identificati in rom, romeni e stranieri in genere. Penso
che questo modo di procedere sia controproducente. Primo perché giustifica,
con la scusa di difendere le donne, la recrudescenza della violenza maschile.
Secondo perché le donne da artefici della loro vita e della loro libertà,
conquistata nonostante i rigurgiti patriarcali della maggioranza dei maschi, sarebbero
riportate al ruolo di oggetti personali da difendere e proteggere. Le ronde rappresentano
il tentativo da parte del potere maschile di cancellare ancora una volta le donne,
riproponendosi come unico punto di riferimento. È possibile invertire
questo stato delle cose? Penso di sì, così come lo pensano i tanti
che da ogni parte del paese hanno firmato l'appello contro la violenza nei confronti
delle donne (31/1/2009), proposto dall'Associazione Maschile Plurale e che ogni
giorno si sforzano di trovare nuovi modi di rapportarsi con la differenza femminile.
Possiamo rifiutare la disistima e il disprezzo verso le donne a partire da noi
e da quelli vicino. Possiamo chiederci in che misura siamo riusciti ad accogliere
la libertà e il libero desiderio delle donne nelle nostre relazioni e nel
nostro modo di amare. Possiamo accettare il rischio di soffrire perché
è di gran lunga più triste quello di non sapere amare. Possiamo
imparare dalle donne, che non fanno guerre, a tessere reti di relazioni. Possiamo
ascoltare la loro elaborazione che spesso apre strade nuove anche per noi. Tutto
questo non può che essere vantaggioso per noi e per la nostra sclerotica
società, invece di pensare a soluzioni come la castrazione chimica. È
vero che ci sono donne che hanno introiettato i peggiori valori maschili o che
si abbandonano anche loro a forme di violenza, ci sono e sono le più facili
da capire, perché sono molto simili a noi. Proprio per questo non è
a loro che dobbiamo guardare per cercare il nostro cambiamento né possiamo
continuare a far riferimento a loro per evitare di affrontare il discorso della
differenza femminile.
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