Lia Cigarini
risponde a Bertinotti in riferimento all'articolo "L'arte che contesta"
(il Manifesto del 3-10-2001)
Ho letto
sul Manifesto di mercoledì 3.10.2001 nel testo "L'arte
che contesta" un'affermazione sorprendente dell'On. Bertinotti
relativa al movimento dei movimenti definito da lui il primo vero movimento
di rottura rispetto al novecento poiché ha superato i limiti e
le pratiche del conflitto sociale che hanno caratterizzato il secolo appena
trascorso.
E' noto ormai a molti lettori del Manifesto che il movimento no-global
è stato definito da alcuni movimento-donna perché ha fatto
proprie le pratiche relazionali delle donne anziché quelle proprie
del movimento operaio (vedi interviste di Naomi Klein, testi di I. Dominjanni,
Stefania Giorgi, Benedetto Vecchi, ecc.)
E' noto forse a meno gente (ma chi ha responsabilità poltiche in
un partito che conta la presenza di molte donne e parla ad un convegno
di riflessione sul linguaggio e le pratiche artistiche alla prova dei
conflitti globali dovrebbe aggiornarsi) che il movimento delle donne -premessa
trenta anni fa la irriducibilità delle donne a gruppo sociale omogeneo-
ha lavorato sulla esperienza anche la più intima di ciascuna singola
donna, mettendola in parola, dandosi come strumento di lotta il partire
da sé e la relazione con l'altra/o. In breve non ha speso energia
nell'organizzazione del movimento, non ha elevato la manifestazione di
piazza a luogo privilegiato del conflitto, ma ha fatto un lavoro politico
sul linguaggio, sul simbolico. Perciò abbiamo anche guardato all'alterità
e alla inquietudine espressa nell'arte e nella letteratura novecentesca
e lì abbiamo visto la chiarezza e la freschezza del segno della
differenza femminile. Indicazione di lotta e riflessione preziosa per
tutti quando le multinazionali agiscono per catturare i consumatori sul
desiderio e investono sul marchio.
Tutto questo, in trenta anni, non è stato visto né ascoltato
dalle organizzazioni della sinistra. Ora le manifestazioni di piazza,
dove appaiono in primo piano i maschi che si contrappongono al potere
in nome del contro potere, risvegliano l'attenzione. Siamo veramente fuori
dallo schema?
A me non interesserebbe più di tanto la rimozione di tutto ciò
da parte di Bertinotti se non temessi che egli, inconsapevole del conflitto
dei sessi che lo coinvolge in prima persona e disattento alle forme di
lotta che tale conflitto si è dato, sia pronto ad applicare al
movimento dei movimenti, appunto, lo schema del conflitto sociale novecentesco.
In barba agli sforzi delle tante associazioni che lo compongono di non
passare da quel mortale imbuto.
Quello che mi interessa è che evitiamo la ripetizione della ripetizione,
sfiorata anche a Genova e dovuta non so quanto, ad un leaderismo vecchia
maniera, e a un narcisismo maschile non interrogato. Il farmaco? Più
attenzione all'altro, a cominciare dall'altro più vicino che è
donna.
Lia Cigarini
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